15 Gennaio 2019

Vice, i neocon e l'indicibile

Vice, i neocon e l'indicibile
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Ringrazio Satana di avermi dato ispirazione per interpretare il mio ruolo”.Così Chistian Bale ha salutato il premio che gli è stato tributato al Golden Globe per l’interpretazione di Dick Cheney nel film Vice.

Una frase che ha suscitato sdegno e il malizioso elogio della Chiesa di Satana. Ma non detta a caso: l’attore ha voluto esprimere, un po’ confusamente magari, quanto aveva nel cuore durante le riprese.

La pellicola ripercorre la vita del più importante Vice-presidente che gli Stati Uniti abbiano avuto nella loro storia, dove il vice ha sempre contato nulla.

Per Cheney fu diverso, dato che seppe sfruttare l’opportunità dell’attentato dell’11 settembre per ritagliarsi un ruolo presidenziale.

Grazie all’opportunità, Cheney riuscì ad accentrare su di sé tutti i poteri, usando allo scopo interpretazioni indebite delle norme americane.

Non solo, egli riuscì a piazzare suoi uomini in tutti i gangli dell’Amministrazione, esautorando quelli che Bush padre aveva affiancato all’imbelle figlio George W.

L’ascesa di Cheney e dei suoi, ripercorre la pellicola, ebbe come corollario l’introduzione di norme liberticide  e la guerra all’Iraq, il cui petrolio faceva gola ai lobbisti pro Vice.

Vice, i neocon e l'indicibile

Istantanea di guerra in Iraq

Neocon nuovi ed antichi

Una lettura piana, limitativa di quanto accadde davvero, eppure coraggiosa, dato che l’indicibile si può solo accennare, come ha fatto Bale alla consegna del premio.

Perché limite del film, pur benvenuto, è che, pur elencando il clan di Cheney, non evoca quel che accomunava quei potenti, ovvero la loro partecipazione all’ambito neoconservatore.

Il perché di tale oblio è ovvio, dato che quella cabala è ancora potente e prepotente, come evidenzia lo smisurato potere che ha assunto nell’amministrazione Trump il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, del quale si accenna fugacemente nel film.

Quel Bolton che al tempo, dal suo scranno all’Onu, guidò le Nazioni Unite alla guerra in Iraq, dopo l’indecoroso show di Colin Powell sulle armi di distruzione di massa di Saddam (che il Segretario di Stato Usa, spiega il film, non voleva fare).

Insomma, per non suscitare troppo contrasto, gli ideatori del film hanno deciso di limitare la loro denuncia nel tempo e circoscrivere il tutto al solo Cheney.

Di certo interesse la parte iniziale, nella quale si vedono il duo Cheney-Rumsfeld impegnati, al tempo di Nixon (dopo la defenestrazione di Kissinger), a sabotare i tentativi di dialogare con la Russia.

Nulla è cambiato da allora: lo stesso ambito sta agendo (finora con successo) in maniera analoga nell’amministrazione Trump.

Vice, i neocon e l'indicibile

Isis

L’indicibile

Ma le parole di Bale al golden Globe aggiungono, perché accenna l’indicibile, il sostrato culturale dell’ambito neocon, che fu allora di Cheney e dei suoi e ora di Bolton e compagni (che son legione anche nei democratici: peraltro il film riporta l’intervento della Clinton in favore della guerra in Iraq).

Indicibile che spiega le dinamiche di un ambito che certo si muove per avere sempre più potere ed è certo interessato ai soldi, ma che vive di simbolismi e perversioni cui il titolo allude: “vice”, infatti, vuol dire anche vizio.

Questo il sostrato da cui nasce la teoria, che fu prassi, della esoterica “guerra infinita“. Come anche il nome dell’intervento contro Baghdad, “Shock e Terrore“, che tanto Terrore, infatti, ha prodotto nel mondo (vedi Piccolenote).

Come si accenna anche al film, quando racconta di un ignoto al Zarqawi che, grazie al discorso di Powell all’Onu e alla guerra, diventa boss del Terrore e fondatore dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, ovvero l’Isis.

Il cenno di Bale rimanda peraltro a un vecchio dialogo sulla tempistica della guerra irachena. Lo riporta anche un resoconto di Repubblica di allora: “Quanto durerà la guerra in Iraq?” Era la domanda che Cheney faceva sua. “Parliamo di settimane al massimo, non di mesi”. Concludeva.

“Rumsfeld, il suo braccio armato al Pentagono”, scriveva Repubblica, “gli fece eco poco dopo: ‘Sei giorni, sei settimane, dubito sei mesi'”: 666, l’indicibile appunto.