Vince Erdogan, perdono i neocon
Tempo di lettura: 2 minutiUn Erdogan ringalluzzito ha festeggiato la rielezione davanti a una folla oceanica. L’Occidente aveva scommesso contro di lui e “ha perso“, come ha detto nel suo primo discorso. E, in effetti, gli ambiti iper-atlantisti avevano fatto di tutto per sostenere il suo avversario Kemal Kilicdaroglu, che aveva promesso di riportare la Turchia a obbedir tacendo ai dettami Nato e a ingaggiare Ankara nell’agone anti-russo (Responsible Statecraft).
Anche se i propositi di Kilicdaroglu erano un po’ velleitari, dal momento che non tutte le forze che l’appoggiavano avevano un analogo afflato atlantista, di certo avrebbe indebolito l’attuale asse con la Russia.
Erdogan si allontana dall’Occidente
Non è andata così e ora Erdogan, che per vincere si è allontanato ancora di più dall’Occidente, si sentirà ancora più saldo nel perseverare sulla linea seguita finora, che gli ha attirato i consensi del suo Paese.
Una linea che non rinnega i rapporti instaurati da Kemal Ataturk con l’Occidente, ma che, allo stesso tempo, non si sente vincolata da questi, portando il suo Paese a riallacciare rapporti con l’Oriente, rescissi in nome dei diktat atlantisti.
Di interesse notare che la vittoria elettorale non ha suscitato proteste, nonostante alcuni media avessero riferito di asseriti brogli elettorali da parte dell’autorità centrale.
Altre volte (in Ucraina- 2014 – o nel Venezuela -2019 – per citare solo due casi eclatanti) tali accuse erano servite da base per avviare proteste di piazza contro la vittoria rubata, proteste che l’Occidente aveva usato come leva per tentare di rovesciare il governo eletto.
Il fatto che Erdogan sia riuscito a gestire anche il post elezioni è un altro indice della forza del sultano.
Restano i tanti problemi della Turchia, ai quali Erdogan è chiamato a far fronte, non ultimo quello della ricostruzione delle aree colpite dal recente sisma. E la natura autoritaria del suo governo, denunciata un po’ da tutti i media d’Occidente. Una propensione che però non è un marchio di fabbrica del sultano, avendo la Turchia conosciuto poteri forti fin dai tempi di Ataturk.
Un’ultima annotazione riguarda la guerra ucraina, riguardo la quale Erdogan si è posto come mediatore, essendo riuscito anche ad ospitare diversi incontri tra le parti in conflitto e a favorire l’unico accordo stipulato tra le stesse, quello relativo al transito del grano ucraino.
Un lavorio che ha dovuto dismettere negli ultimi mesi a causa dell’impegno elettorale che l’ha assorbito totalmente. Ora che è più forte può tornare a interpretare quel ruolo, aumentando le possibilità di quanti stanno cercando di riportare la pace nel martoriato Paese europeo.