Waukesha: la nuova strage di Natale
Tempo di lettura: 3 minutiL’eccidio di Waukesha, un sobborgo di Milwuakee, non può non far venire i brividi. L’automobile lanciata a tutta velocità sulla folla – 5 i morti finora – richiamava alla memoria quanto avvenne il 14 luglio del 2016, quando un attentatore di matrice islamista (un agente di al Nusra) si è lanciato sulla folla che passeggiava sulla Promenade des Anglais.
Come non può non suscitare suggestioni il fatto che l’automobile abbia fatto strage a una cerimonia natalizia, la parata di Natale (tradizionale a Waukesha), dal momento che ricorda quanto avvenuto il 19 dicembre sempre del 2016, quando un camion guidato da un terrorista ha travolto le persone che affollavano uno dei tanti mercatini di Natale di Berlino.
Il processo Rittenhouse
La location dell’incidente ha creato ulteriori suggestioni, dal momento che è avvenuta in Wisconsin, dove solo tre giorni fa è terminato uno dei processi più laceranti e divisivi della storia americana, quello contro Kyle Rittenhouse, il diciassettenne che nell’agosto scorso ha sparato contro persone durante i disordini che avevano messo a ferro e fuoco Kenosha (a seguito dell’uccisione di un afro-americano da parte di un poliziotto), uccidendone due e ferendone un terzo.
Accusato immediatamente di essere un suprematista bianco e di aver agito per odio razziale, Rittenhouse è stato subito condannato dai media. Ma le indagini hanno acclarato che non aveva alcun legame con quei gruppi e la giuria ha deciso che ha agito per legittima difesa, ritenendo che fosse stato aggredito dalle persone alle quali ha sparato.
Un giudizio che è maturato nel corso del dibattimento, che ha goduto dell’ausilio di diversi filmati girati nell’occasione e che è stato influenzato non poco dal fatto che i testimoni dell’accusa hanno contraddetto l’ipotesi accusatoria.
Resta la follia propria dell’America, che vieta di consumare alcoolici per strada e permette il possesso di armi automatiche, retaggio del selvaggio west e dei più prosaici interessi dei fabbricanti d’armi. E dell’esasperata conflittualità sociale provocata dalla drammatica polarizzazione politica che, nel 2016, con l’ingresso in tale agone della variabile Trump, è aumentata al parossismo.
Così un processo per un fatto di cronaca nera si è trasformato in un evento mediatico-politico di rilevanza primaria, quasi esistenziale, che offriva ai democratici il destro per confermare la narrativa che fa di tutti trumpiani dei pericolosi suprematisti e ai trumpiani l’occasione per evidenziare l’artificiosità di tale narrazione.
Da qui le polemiche incrociate, che sono proseguite anche dopo la sentenza, con i dem che non hanno accettato il verdetto, che sarebbe viziato come tanti altri in passato da pregiudizi razziali (e, in effetti, il passato è pieno di processi farlocchi a danno dei neri, ma dopo il caso Floyd il vento è cambiato), mentre la parte avversa ha salutato la decisione come un atto di giustizia.
Un “investitore” seriale
Insomma, il suv rosso non è solo piombato su una folla che festeggiava l’imminente Natale, ma anche in questo clima politico infuocato, incendiandolo ancor di più.
Anche perché alla guida del suv, a stare alle indiscrezioni, c’era un afroamericano di nome Darrell E. Brooks, un rapper ferocemente anti-Trump e forse sostenitore dei Black Lives Matter, con un curriculum criminale di rispetto.
Solo due giorni prima, Brooks era uscito dal carcere, dove era stato rinchiuso per aver “investito intenzionalmente una donna” all’inizio di questo mese. E rilasciato grazie al pagamento di una cauzione “inappropriata perché troppo bassa” (1.000 dollari), secondo quanto hanno dichiarato i pubblici ministeri che seguivano il caso ai cronisti del New York Times.
Dato il clima infuocato e l’evidente errore giudiziario che ha permesso a Brooks di tornare libero, si capisce perché gli investigatori si stiano muovendo con i piedi di piombo e con la massima riservatezza, tanto che finora non c’è alcuna informazione ufficiale sull’accaduto.
Secondo un’indiscrezione che circola sui media, Brooks avrebbe investito la folla perché in fuga da un rissa nella quale si sarebbe fatto uso di coltelli. Ma è un’indiscrezione che va chiarita, perché stride col fatto che l’uomo ha infierito sulla folla, non frenando affatto né quando si è visto davanti il muro umano né dopo aver travolto le prime persone.