Witkoff: se disarma, Hamas potrà restare a Gaza

Mentre proseguono gli indicibili orrori di Gaza, un piccolo barlume di speranza arriva dall’uomo che Trump ha incaricato di trovare una soluzione al conflitto (se così si può definire il genocidio in atto, come da definizione definitiva dello storico Amos Goldberg, docente presso l’Università ebraica di Gerusalemme).
Witkoff e Hamas
Intervistato dall’anchorman Tucker Carlson, Steve Witkoff, con il quale Hamas sta ancora trattando nonostante le bombe, al di là delle ovvie dichiarazioni pro-Israele, ha affermato di non credere che i membri di Hamas “siano così estremi ideologicamente come vengono spesso dipinti”, quindi si può trattare con loro (Jerusalem Post).
Ancora più sorprendente l’aggiunta, avendo affermato che “un’organizzazione terroristica non può governare Gaza, questo è inaccettabile per Israele. Ciò che è possibile, tuttavia, è che disarmino. Allora possono restare per un po’ e persino essere politicamente attivi”. Tutto ciò sottende ovviamente che i palestinesi rimarranno nella Striscia, non saranno sfollati.
In tal modo ha ribadito che sta cercando una soluzione, peraltro confermando quanto comunicato ieri da Hamas, cioè che le trattative con i mediatori e gli Usa non sono collassate, annuncio che smentiva indiscrezioni giornalistiche di segno opposto.
Non sarà facile uscire dal tunnel oscuro nel quale è stata precipitata Gaza, stando che le pulsioni per incenerire la Striscia rafforzano sotto la spinta dell’estremismo messianico andato al potere in Israele.
Di ieri l’annuncio del ministro della Difesa Israel Katz sull’acquisizione progressiva da parte del suo Paese di aree della Striscia, che procederà finché non saranno liberati tutti gli ostaggi.
Una decisione che nulla ha a che fare con lo scopo dichiarato, ma tanto con i sogni messianici di annettere Gaza eliminando la presenza palestinese, sogno condiviso dal ministro (ci torneremo di seguito).
Di interesse, peraltro, notare come ieri Erdogan, alle prese con una sollevazione popolare a motivo di una brutale stretta contro le opposizioni (ne parleremo in altra nota), abbia dichiarato che la Turchia ha moltiplicato gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza.
Il sultano turco non ispira molta fiducia circa la veridicità delle sue dichiarazioni, ma che le sue parole abbiano un fondo di verità lo dimostra il fatto che nello stesso giorno l’esercito israeliano ha fatto saltare in aria senza alcun motivo – a parte l’usuale refrain sulla presenza di Hamas – l’ospedale dell’amicizia turco-palestinese di Gaza (e una scuola di medicina adiacente). Target simbolico, un segnale allo scomodo vicino.
Evidentemente a Tel Aviv non hanno preso bene la determinazione di Ankara, per usare un blando eufemismo, dal momento che, come si annota in un titolo di Haaretz, “Netanyahu vuole una guerra infinita a Gaza”.
L’appello di Katz
Così torniamo al ministro Katz. Dalia Scheindlin verga un articolo di Haaretz dedicato al recente appello ai gazawi lanciato da questi: “Restituite gli ostaggi e bandite Hamas. L’alternativa è la totale distruzione. Residenti di Gaza, questo è l’ultimo avvertimento”.
Nel suo articolo, la Scheindlin spiega che non è così facile attuare un regime change, citando esempi a iosa di recenti ribellioni represse, tra le quali la più significativa appare quella che sta lacerando Israele, dove, da gennaio 2023 si assiste a “una mobilitazione straordinaria sotto tutti gli aspetti” di persone che chiedono un accordo con Hamas per liberare gli ostaggi in cambio della fine della guerra. Proteste di piazza, manifestazioni affollate che non hanno scalfito minimamente il governo di Netanyahu.
“Ma gli israeliani – prosegue la Scheindlin – insistono sul fatto che, di tutte le persone al mondo che non sono riuscite a spodestare un leader disastroso, corrotto, autoritario o oppressivo, solo un popolo eroico poteva riuscirvi: i palestinesi di Gaza”.
“Sì, i cittadini di Gaza, un popolo impoverito, intrappolato, maltrattato per 16 anni prima del 7 ottobre, con parti delle loro città e delle infrastrutture ridotte in poltiglia da ogni nuova guerra, quattro dal 2008 al 2023, con il 45 percento di disoccupazione alla vigilia del 7 ottobre e un regime teocratico autoritario e brutale che li domina, due in realtà [riferimento implicito ai rapporti tra Netanyahu e Hamas ndr.], queste sono le persone che gli israeliani ritengono che avrebbero potuto fare ciò che pochi prima o dopo sono riusciti a fare. Ciò che i dimostranti israeliani, ricchi al confronto, ben nutriti, solitamente impiegati, istruiti e esperti in dimostrazioni, non sono riusciti a fare”.
Ancora più significativo il finale dell’articolo, nel quale la Scheindlin ricorda che chi oggi accusa i palestinesi di Gaza di essere proni ad Hamas, in primis Netanyahu, sono gli stessi che hanno finanziato (tramite il Qatar) e reso forte Hamas, nell’idea esplicitata di tenerseli buoni e quella inconfessabile, ma più reale, di frazionare la Palestina mettendo l’una contro l’altra Hamas e l’Autorità palestinese della Cisgiordania nella logica di divide et impera.
“In sintesi – conclude – il leader israeliano non voleva rovesciare Hamas, ma si aspettava che lo facesse la gente di Gaza. Cosa sarebbe successo se ci avessero provato? Soprattutto negli ultimi anni, con i soldi del Qatar, un sacco di armi e un potere de facto, Hamas avrebbe facilmente stroncato tali sforzi. E Netanyahu non se ne sarebbe rammaricato”.
“Ma basta con le confutazioni. Pensate solo al presente. Israele ha infine deciso di rovesciare Hamas […]. Uno degli eserciti migliori al mondo, destinatario di aiuti esteri senza precedenti provenienti dal paese più potente del mondo ha tentato di rimuovere Hamas. Sono passati 17 mesi e stiamo ancora aspettando che accada. Il fatto Katz che chieda ai gazawi di cacciare Hamas e rilasciare gli ostaggi non è altro che una scusa per distruggerli tutti“.
Nella foto di apertura Steve Witkoff nella grafica del Jerusalem Post