28 Marzo 2024

Wall Street Journal: Navalny stava per essere liberato

lo scambio di prigionieri al centro dell'incontro Biden-Scholz. Il ruolo della Clinton e la contrarietà della Baerbock.
Wall Street Journal: Navalny stava per essere liberato
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Un articolo fiume del Wall Street Journal conferma in maniera inoppugnabile che Navalny stava per essere liberato in uno scambio di prigionieri. Ne abbiamo già scritto in passato, spiegando che il rilascio dell’oppositore politico a pochi giorni dalle elezioni sarebbe stato un colpo magistrale, dal punto di vista propagandistico, da parte di Putin.

In a Secret Game of Prisoner Swaps, Putin Has Held Most of the Cards. Navalny

La liberazione di Navalny al centro delle trattative per lo scambio di prigionieri

Ma qualcosa è andato storto: o davvero è morto per cause naturali, come affermato da Putin e dal capo dei servizi segreti militari ucraini Kyrylo Budanov, oppure qualcuno l’ha ucciso per impedire il successo propagandistico di Putin (la Russia non potrà mai confermare quest’ultima versione, ne abbiamo già scritto, inutile ripetersi).

L’articolo fiume del WSJ apporta alcuni elementi nuovi, ribadendo che la liberazione di Navalny fu inserita all’interno di una trattativa per rimpatriare alcuni americani detenuti in russia e un russo detenuto in Germania.

Questo l’incipit dell’articolo: “Nello Studio Ovale non c’erano assistenti né appunti: solo il presidente Biden e il suo ospite tedesco. Il cancelliere Olaf Scholz arrivò con un breve preavviso con l’unico aereo che riuscì a prenotare, un piccolo A 321, che fu costretto anche a fare rifornimento in Islanda. La guerra della Russia in Ucraina e i combattimenti a Gaza hanno dominato i 90 minuti dell’incontro”.

“Ma c’era un ultimo punto segreto all’ordine del giorno: la Germania e l’America erano disposte a condurre uno dei più complessi scambi di prigionieri con il Cremlino dai tempi della Guerra Fredda”.

“Washington voleva che Vladimir Putin rimandasse a casa due americani ritenuti illegalmente incarcerati in Russia, l’ex marine Paul Whelan e il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, che venerdì festeggeranno un anno di prigionia. Putin voleva che Berlino liberasse Vadim Krasikov, un sicario russo che stava scontando l’ergastolo in Germania per omicidio”.

Difficile per Biden far accettare agli americani un accordo con Putin, ma anche per la Germania rilasciare un detenuto condannato per omicidio, “ma forse avrebbe potuto essere rivenduto all’opinione pubblica tedesca [che l’avrebbe accettato] se la Russia avesse accettato di liberare il suo dissidente più importante,  Alexei Navalny”.

“I due governi hanno convenuto di esplorare ulteriormente l’idea. La Casa Bianca non ha avuto la possibilità di fare una proposta formale a Mosca. La notizia dei colloqui è arrivata al Cremlino tramite un intermediario privato, secondo persone a conoscenza dei fatti. Il 16 febbraio, una settimana dopo l’incontro nello Studio Ovale, Navalny è morto improvvisamente”.

Il ruolo della Clinton e la contrarietà della Baerbock

L’articolo riannoda i fili del passato, raccontando la storia dei detenuti americani in Russia e le pressioni per liberarli. E spiega: “Uno sforzo transnazionale più ambizioso per liberarli aveva cominciato a prendere forma, inizialmente guidato da una fonte inaspettata: Hillary Clinton. L’ex segretario di Stato aveva accettato la proposta di Christo Grozev, amico e collaboratore di Navalny, di fare pressione sulla Casa Bianca per ricomprendere nei negoziati il ​​leader dell’opposizione russa detenuto, consegnando in cambio ai russi Krasikov”.

“La moglie di Navalny, Yulia Navalnaya , si era avvicinata in modo informale ai funzionari tedeschi, ma il governo era diviso. Il ministro degli Esteri Annalena Baerbock si è opposto a qualsiasi accordo che coinvolgesse Krasikov!”.

Nel frattempo, “Putin aveva lasciato chiaramente intendere che era aperto a uno scambio che comprendesse Gershkovich”. E sul punto il WSJ ricorda come abbia parlato di uno scambio di prigionieri nell’intervista con Tucker Carlson.

“Sembrava che lo slancio [per la liberazione] crescesse, ma non c’era ancora un accordo finale tra Stati Uniti e Germania, né alcuna proposta ai russi [formale, informale sì ndr]. Sette giorni dopo l’incontro di Biden con Scholz, i più stretti collaboratori di Navalny e sua moglie Yulia sono arrivati ​​​​al convegno internazionale dei funzionari della sicurezza a Monaco, nel quale speravano di riuscire a ottenere una svolta a breve”. Ma poi l’imprevisto.

Ovviamente, il WSJ non dimentica di accusare Putin, come da legge non scritta della propaganda, ma resta la ricostruzione, che vede addirittura impegnati, oltre alla Clinton (che ha parlato con Navalny il giorno prima della morte), Biden e Sholz.

Tutti sapevano, ma alla morte di Navalny nessuno dei protagonisti della trattativa si è premurato di rivelarla all’opinione pubblica: rischiava di attenuare la campagna anti-russa innescata dal decesso del detenuto.