Mentre Xi Jinping è in Italia, Usa e Cina annunciano nuovi negoziati
Tempo di lettura: 2 minuti“Il vice-premier cinese Liu He, membro dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese e capo della parte cinese del dialogo economico globale Cina-USA, è stato invitato a visitare Washington DC per il nono round di negoziati all’inizio di aprile”. Così il ministro delle Finanze cinese Gao Feng in una conferenza stampa di oggi (Xinhua).
Si tratta del nono round di negoziati tra Stati Uniti e Cina, che sarà preceduto da un incontro, l’ottavo round, che si terrà invece a fine marzo a Pechino, saranno presenti il portavoce del commercio americano Robert Lighthizer e il segretario al Tesoro Steven Mnuchin.
Annunci anodini, all’apparenza. In realtà tali notizie fanno riflettere sull’inanità delle polemiche che hanno accompagnato la vista del premier cinese Xi Jinping in Italia.
Nonostante le rassicurazioni e il parziale ridimensionamento delle prospettive dell’intesa, alcuni hanno paventato un tradimento dell’Italia. Sarebbe in atto, attraverso le intese Italia-Cina, un allontanamento dalla tradizionale alleanza con gli Stati Uniti.
In realtà l’Italia non sta facendo altro che seguire l’esempio dell’alleato d’oltreoceano, che con la Cina ha sì bisticciato, ma continua a dialogarci, eccome, e a fare accordi, alcuni già siglati nei precedenti round negoziali.
Business is business: vale al di là dell’Oceano, come al di qua; nel Pacifico come nel Mediterraneo.
Peraltro, accordi Italia – Cina possono favorire quella distensione globale che Trump sta perseguendo nonostante i venti di contrasto interni (vedi Piccolenote), continuando a trattare a oltranza, e nel dettaglio, col Celeste Impero.
I critici, che probabilmente immaginano di rendere un servizio all’Alleanza atlantica, dovrebbero tenerne conto: rischiano di apparire più papisti del Papa.
Inoltre, in un mondo globalizzato, che peraltro è nuova prospettiva dell’atlantismo, i rapporti commerciali tra Oriente e Occidente, oltre a favorire lo sviluppo economico nostrano, aiutano a evitare pericolosi scivoloni, come quello del 2008, quando la crisi sconvolse l’Ovest, ma non l’Est del mondo.