18 Febbraio 2019

Yemen: l'accordo per il porto di Hodeida

Guerra in Yemen: l'accordo di Hodeida
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Il porto di Hodeida sarà presto liberato, ha annunciato l’Onu, ulteriore passo verso la difficilissima pace nel martoriato Yemen, dove la guerra imperversa da anni.

L’accordo in Yemen

Grazie alla mediazione Onu la coalizione a guida saudita e i ribelli Houti (legati all’Iran) si sono accordati per ridistribuire le proprie forze nella città: gli Houti lasceranno cadere le loro pretese sul porto, in cambio Riad e i suoi alleati porranno fine al blocco dello stesso.

Un annuncio ancora vago: non è chiaro come verranno ridistribuite le forze in città, dove gli Houti controllano il centro e la coalizione le periferie. Ma l’Onu sembra fiduciosa.

Probabile che la svolta sia legata alle pressioni che Riad sta subendo in questi ultimi giorni.

Le piaghe saudite

Anzitutto c’è il caso Khashoggi, l’omicidio del giornalista del Washington Post che grava come un macigno sul principe ereditario saudita Mohamed bin Salman.

Jamal Khasoggi

Un rapporto dell’intelligence Usa, rivelato dal New York Times il 7 febbraio, riferiva le minacce del principe al cronista americano, al quale era riservata “una pallottola” nel caso rifiutasse di tornare in patria.

Una rivelazione alla quale ha fatto seguito, la settimana scorsa, l’inserimento dell’Arabia Saudita nella lista nera dei Paesi che la Ue ritiene riciclino soldi sporchi e finanzino il terrorismo (fanno poco per contrastarne il finanziamento, questa la formula).

Certo, quello della Commissione europea era un documento destinato al vaglio del Parlamento europeo, ma la bacchettata ha egualmente suscitato preoccupazione a Riad.

A questo uno-due si è sommato il voto della Camera dei deputati americana che, sempre la settimana scorsa, ha imposto a Trump di ritirare l’appoggio alla coalizione guidata da Riad.

Determinazione di dubbia efficacia pratica, ma di indubbio valore politico, che pone ulteriore criticità nel rapporto Washington – Riad.

Se a questo si aggiunge il ritiro del Marocco dalla coalizione anti-Houti, defezione che potrebbe essere emulata da altri, si può notare come la guerra di Mohamed bin Salman in Yemen sia sempre più impopolare.

Tanto che ieri, per uscire dall’isolamento che lo sta stringendo, il principe ereditario è andato a prendersi la più alta onorificenza del Pakistan, in cambio di venti miliardi di investimenti…

Yemen: l'accordo per il porto di Hodeida

Mohamed bin Salman riceve l’Ordine del Pakistan (Nishan-e-Pakistan), la più alta onorificenza del Paese asiatico, a destra Imran Khan, Primo ministro pakistano

Caracas chiama Hodeida

La pressione ha prodotto l’accordo su Hodeida. Se sarà rispettato, a differenza del cessate il fuoco stabilito a dicembre – violato più volte -, le navi con gli aiuti umanitari potranno tornare ad attraccare nel porto e portare sollievo agli yemeniti, le cui condizioni, dopo anni di guerra, sono oltremodo tragiche (vedi rapporto Onu).

Probabile che a influenzare la svolta sia stata anche la crisi venezuelana. In questi giorni l’amministrazione Usa sta tentando di introdurre nel Paese degli aiuti umanitari diretti all’autoproclamato presidente venezuelano Juan Guaidò.

Iniziativa alla quale si oppone il presidente Nicolas Maduro, che paventa sia funzionale al regime-change nel Paese.

È alquanto evidente che Washington non può sostenere una sollecitudine umanitaria verso il popolo venezuelano e esser parte della coalizione che strangola il popolo yemenita senza che la prima appaia del tutto strumentale (ne accenna il Washington Post riportato in Piccolenote).

Probabile, dunque, una pressione Usa su Riad per chiudere la tragica controversia di Hodeida.

L’Onu ha annunciato ulteriori successivi passi distensivi. Possibile che l’accordo di oggi sia un punto di svolta definitivo verso la sospirata pace.

Purtroppo sul conflitto grava l’incognita di uno scontro più ampio, quello che oppone Israele e l’ambito arabo sunnita all’Iran, alleato degli Houti.

Ciò determina certa irriducibilità della coalizione guidata da Riad, che sa bene di non poter vincere la guerra, ma non vuole accettare una pace che, in ogni caso, suonerebbe come vittoria altrui, ovvero di Teheran. Un dilemma che paga, a caro prezzo, il popolo yemenita.