16 Marzo 2022

Zelensky parla al Congresso Usa. E il negoziato continua

Zelenski parla al Congresso Usa. E il negoziato continua
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La guerra ucraina va avanti tra drammatizzazioni e spiragli di speranza. Oggi Zelensky parlerà, in collegamento web, al Congresso americano. Atteso un intervento altamente drammatico, che si concluderà con la richiesta di un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto.

Sul punto non mancano pressioni su Biden all’interno dell’ambito politico statunitense, con rischi connessi. Né trovate stravaganti, come quella di Jaroslaw Kaczynski, leader del partito al potere in Polonia, che ha chiesto un intervento di pace in Ucraina da parte della Nato, che possa ovviamente ingaggiare guerra se attaccata… più prosaicamente, ha chiesto di dar fuoco alle polveri della Terza guerra mondiale (Reuters).  Stravaganza non isolata, anzi, che indica il livello di follia che sta attraversando il mondo per contrastare la follia russa.

Zelensky non si limiterà a parlare al Congresso Usa; domenica è previsto un analogo intervento alla Knesset israeliana, nella quale, secondo quanto riferito da un esponente del suo partito a Timesofisrael, paragonerà la sofferenza del suo popolo a quella inflitta agli ebrei nell’Olocausto.

La guerra è già abbastanza drammatica di per sé, certi paragoni, peraltro non appropriati (non ci sono campi di sterminio in Russia), non servono né aiutano a conservare la lucidità necessaria a trovare vie di uscita che fermino il tragico conteggio delle vittime.

Con tale drammatizzazione, sempre se avverrà, il premier ucraino rilancerà il paragone di Putin con Hitler, che la visita del premier israeliano a Mosca aveva incenerito. Ma, se ciò è efficace per la propaganda di guerra, non è utile al negoziato, perché lo rende impervio se non impossibile, dal momento che non si può negoziare con Hitler.

Per paradosso, e per fortuna, le parti continuano a trattare. Ne riferisce la Reuters con un lancio di Agenzia di cui riportiamo l’incipit: “La Russia ha dichiarato mercoledì che si stanno concordando alcuni aspetti di un possibile accordo di pace con l’Ucraina dopo che Kiev ha accettato di discutere la neutralità, aprendo speranze sulla fine della più grande guerra in Europa dalla seconda guerra mondiale”.

“‘Lo status di neutralità [dell’Ucraina] adesso è oggetto di un dialogo serio insieme, ovviamente, alle garanzie di sicurezza’”, ha affermato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov a RBC News”.

“‘Si sta dialogando su questo nei negoziati – e si sono realizzate formule molto specifiche che a mio avviso sono vicine a concretizzarsi in un accordo’, ha aggiunto Lavrov”.

Allo stesso tempo, va segnalato che il premier britannico Boris Johnson ha dichiarato che non c’è “nessuna possibilità che l’Ucraina diventi membro della Nato” (Guardian). Se tale rassicurazione fosse stata inserita nella risposta data ai russi quando, prima dell’aggressione, chiedevano garanzie in tal senso, avremmo potuto evitare questa immane tragedia.

Invece, la risposta della Nato è stata muscolare, tesa a ribadire non solo la tenace potenza dell’organismo militare, ma anche l’impossibilità di deflettere dalla politica delle “porte aperte” rispetto alle richieste di adesione… e sul punto va forse chiarito qualcosa.

La Nato è un organismo di Difesa comune, un’articolazione militare che aggrega e organizza gli eserciti degli Stati membri, la cui leadership è affidata a un Segretario generale eletto per cooptazione.

A quale titolo essa (meglio, il suo Segretario generale) ha dialogato con la Russia a nome e per conto dei cittadini dei Paesi membri? Quando la politica la fanno i generali qualcosa non va. E la tragedia di questi giorni ne è ampia dimostrazione.

Già lo spazio della Politica è stato eroso dalla grande finanza, alla quale essa è subordinata per le questioni – non certo secondarie – che le competono. Ora questa crisi palesa in maniera drammatica come anche lo spazio della diplomazia dei Paesi del Vecchio continente e della stessa Ue sia stato ristretto dall’invasività della Nato.

In attesa di sviluppi, non si può non guardare con commozione quanto sta avvenendo ai confini orientali dell’Europa, nella speranza che gli spiragli di speranza aperti in questi giorni prendano consistenza prima che le bombe, stavolta termonucleari, inizino a piovere su tutto il mondo.