In morte di Kobe Bryant, la stella dell'Nba di importazione italiana
Tempo di lettura: 3 minutiDi solito non dedichiamo spazio alla cronaca, ma per Kobe Bryant, la stella del basket – e dei Los Angeles Lakers, maglia che non ha mai voluto cambiare -, e per le altre vittime dell’incidente aereo occorso domenica sera, facciamo un’eccezione che conferma la regola.
Ciò perché ci ha colpito e commosso un articolo del Washington Post dedicato all’astro del Basket americano e al suo legame con l’Italia, nel quale il campione è cresciuto.
Un articolo che inizia così: “Molti nella città di Reggio Emilia, nel nord Italia, con la perdita di Kobe Bryant in un incidente mortale in elicottero hanno avuto la sensazione di perdere un figlio”.
Bryant, un sogno iniziato a Reggio Emilia
Approdato a Reggio Emilia a sei anni con il padre, Joe “Jellybean” Bryant, anche lui giocatore di basket arrivato alla pallacanestro italiana al termine della sua carriera, Kobe ha mosso qui i primi passi nel gioco che l’avrebbe consegnato alla gloria. A Reggio Emilia è dove “è iniziato il mio sogno”, raccontava Bryant.
Qui ha iniziato a giocare a minibasket, la pallacanestro dei piccoli, ricordava il cestista, e qui ha imparato i fondamentali: “Passaggio, blocco, movimento palla, tiro. Tutte le basi”, ha detto. “E in allenamento, un allenamento a tutto campo, senza dribbling. Sono state le basi per arrivare a capire il gioco, le stesse su cui mi baso ora per insegnare il gioco”.
Nell’articolo, una vecchia intervista al Resto del Carlino, nella quale il campione raccontava del suo affetto per Reggio Emilia e del suo sogno avverato: “Perché sono così affezionato a Reggio? Perché ho tanti ricordi speciali”, ha detto durante una visita [alla città, ndr.]. “Mentre stavamo arrivando qui, mi dicevo: ‘Avresti mai pensato che uno dei migliori giocatori della NBA poteva crescere qui?’ ‘Non c’è niente di più lontano da Los Angeles. Significa che ogni sogno è realizzabile'”.
In giro per l’Italia
Un sogno cresciuto e intrecciato con quello di Tamika Catchings, altra star del basket americano, stavolta femminile. La Catchings, “appena nominata finalista della Women’s Basketball Hall of Fame”, è anche lei legata all’Italia. Il papà, grande amico di quello di Bryant, l’ha portata con sé nel nostro Paese, dove ha vissuto un anno.
Forse “era qualcosa della pasta”, raccontava Bryant per provare a spiegare le loro future fortune, o forse “le pizze”, accennava lei di rimando. Carriere quasi parallele, che hanno le loro radici nel nostro Paese, che i ragazzi hanno girato insieme, al seguito dei loro rispettivi genitori.
Così a Reggio Emilia si affiancano le rovine dell’antica Roma, come il Colosseo. Monumenti che, spiegava Bryant, hanno dato loro una “prospettiva più ampia sulla vita… permettendo loro di pensare che tutto era possibile”.
Per inciso, e a proposito della città eterna, era legato a Francesco Totti, che, come altri sportivi italiani e del mondo, ne ha tratteggiato un commosso ricordo.
Il Colosseo e i nuovi orizzonti
Non solo un grande giocatore di Basket, anzi una stella del firmamento di questo gioco, anche un uomo di raro talento, tanto da vincere l’Oscar con un cortometraggio animato nel 2018, dedicato ovviamente al suo sport preferito, come recita il titolo: “Dear Basketball”.
Il padre ha giocato anche in altre squadre italiane, portando con sé il figlio prodigio. Eppure a Reggio Emilia era legato più di altre.
In un’intervista spiegava che la vita in questa città, le piccole cose che a noi appaiono “normali”, come girare con gli amici o prendere un gelato, “in America non sono possibili”; c’è “un amore che è difficile spiegare” e che le figlie non potevano capire.
Il suo legame per l’Italia era notorio anche negli Stati Uniti, tanto che la sua vita è stata raccontata da un breve documentario di Spyke Lee dal titolo: “Importazioni italiane“.
“Chiamava l’Italia ‘la mia casa’” – conclude il WP – e diceva che il suo sogno era tornare a giocare lì”. L’incidente non lo ha permesso. Con lui è morta la figlia tredicenne, Gianna Maria Onore, che aveva iniziato a giocare a basket sulle orme del padre.
Le altre vittime
“Nel dolore per la morte di uno degli atleti più famosi al mondo, i suoi cari hanno esortato il mondo a ricordare anche le altre vittime “altrettanto importanti'” (New York Times).
Oltre alla figlia, infatti, sull’elicottero c’era John Altobelli, 56 anni, allenatore di baseball, la moglie Keri, e la figlia Alyssa, che giocava nella squadra di Gianna.
E con loro Sarah e Payton Chester, mamma e figlia, anche quest’ultima appassionata e giocatrice di basket (una foto pubblicata dalla famiglia la ritrae mentre gioca con Bryant). E poi Christina Mauser, che Bryant aveva chiamato ad allenare la sua squadra femminile. Con loro è morto anche il pilota dell’elicottero, Ara Zobayan, l’unico col quale Bryant volava.
Ancora incerte le cause del disastro, anche se tutto ormai si concentra sulle avverse condizioni meteorologiche, una nebbia assassina, mentre non trovano conferma le prime notizie in cui si parlava di “strani rumori” dal motore.
La tragedia era stata prefigurata in un nefasto cartone animato del 2016. Gira sul web: lo riportiamo, per la cronaca.
(VIDEO NON PIU’ DISPONIBILE)