Di matrimoni nulli e di amnistia
Tempo di lettura: 2 minutiMi è stato chiesto un commento sulla riforma del procedimento per la constatazione di nullità del matrimonio varata da Francesco. Invero c’è poco da dire, se non che rende più facile, meno lungo (e doloroso) e meno costoso (se non gratuito) quanto già era previsto nel diritto canonico.
Un passo giusto in una direzione nella quale, in fondo, c’era ampia condivisione all’interno della Chiesa. Francesco l’ha voluta varare prima del Sinodo sulla famiglia, per togliere tale questione dal dibattito che andrà a svilupparsi in quel consesso, che si annuncia difficile e foriero di sviluppi imprevisti.
Ciò sia per la delicatissima materia oggetto della discussione sia perché rischia di trasformarsi in accesa battaglia tra presuli di orientamento diverso. Nulla di strano che esistano controversie nella Chiesa e anche accesi dibattiti. Anche questo appartiene alla sua storia. Il problema è allorquando il dibattito trascende il contenuto specifico, diventa strumentale ad altro, trasformando una riflessione e un dialogo su qualcosa che attiene alla grazia di Dio e alla sua partecipazione da parte degli uomini in un mero scontro di potere. Speriamo sia evitato.
Al di là del dibattito prossimo venturo, c’è chi ha criticato la riforma sulle procedure di nullità del matrimonio perché banalizzanti il sacramento stesso, a causa delle semplificazioni introdotte. Purtroppo tale banalizzazione è già in atto, semplicemente perché non c’è più la fede, almeno come dato diffuso nel popolo di Dio (e altrove). Come, in fondo, viene sotteso nell’atto di riforma.
Né può recare il dono della fede un corso pre-matrimoniale, pur se svolto o partecipato nelle migliori intenzioni. La grazia di Dio, ché tale è il dono della fede, non si ottiene con corsi o conseguendo patenti. Per fortuna nostra e di tutti appartiene al libero e misterioso esercizio della misericordia di Dio, che si può solo chiedere, implorare, nella preghiera.
Proprio sulla misericordia, val la pena accennare a un fatto accaduto di recente. Nella sua missiva a Fisichella, papa Francesco aveva sommessamente suggerito allo Stato italiano la possibilità che in occasione del Giubileo della misericordia si potesse produrre un atto di clemenza riguardo ai carcerati (amnistia o altro). Ne avevamo accennato in altro scritto, nel quale riportavamo le forti reazioni contrarie da parte della politica italiana.
Bene, in occasione del viaggio di Francesco a Cuba, previsto per la fine di settembre, il governo dell’Avana ha deciso per un atto di clemenza che va nella direzione della richiesta papale. Val la pena accennare a questa piccola lezione di civiltà comminata da un Paese comunista al nostro, dove pure diversi partiti ostentano prossimità alle tematiche e alle sensibilità della Chiesa cattolica e tutti lodano incondizionatamente il Papa.
Ci sia permesso di registrare come tale prossimità sembra funzionare a intermittenza: a volte si dà su tematiche che, almeno in teoria, si reputa possano attrarre i cosiddetti voti cattolici, mentre non si dà allorquando, è il caso dell’amnistia, rischiano di farne perdere (triste realtà di una società dove il giustizialismo ha prevalso sul senso della giustizia). Nessuna denuncia da parte nostra – le cose del mondo vanno così -. Semplice constatazione ironica.