Notes, 1 settembre 2014
Tempo di lettura: < 1 minuteSantità. La scorsa settimana la Chiesa ha celebrato la memoria di Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano che fu proclamato beato durante il pontificato di Karol Wojtyla. Riportiamo la frase di congedo che l’arcivescovo consegnò ai suoi seminaristi – seminario di Venegono – il 30 agosto del ’54, poco prima di spirare: «Voi desiderate un ricordo di me. Altro ricordo non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione, ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega. La gente pare viva ignara delle realtà soprannaturali, indifferente ai problemi della salvezza. Ma se un Santo autentico, o vivo o morto, passa, tutti accorrono al suo passaggio. Ricordate le folle intorno alla bara di don Orione? Non dimenticate che il diavolo non ha paura dei nostri campi sportivi e dei nostri cinematografi. Ha paura, invece, della nostra santità». Una frase che abbiamo rinvenuto in una felice vacanza e che riportiamo per tanti motivi, in particolare perché aiuta ad affrontare le cose della vita, penso anche a questo povero sito, con l’ironia del caso.
Così è della vita della Chiesa, che non attrae attraverso bei discorsi (penso anche a tante interminabili prediche che deve subire il fedele che si accosta alla messa, sulle quali torneremo) o iniziative più o meno affascinanti, ma per santità. Che non è appannaggio esclusivo di pochi eletti, ma abita il cuore e gli occhi di chiunque, amico di Gesù, viva in grazia di Dio.
Cosa facile il cristianesimo, nonostante spesso si faccia di tutto per renderlo arduo.