27 Settembre 2012

Notes, 27 settembre

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Aldo Moro. È di pochi giorni la notizia che la Fondazione Moro ha presentato la richiesta per la beatificazione dello statista democristiano. Non sappiamo se la Chiesa l’accoglierà o meno. E però resta una buona notizia. In un momento particolarmente difficile per la politica, Moro è esempio limpidissimo di statista che ha anteposto il bene comune a quello personale e di partito. Sono state spese tante parole per questo figlio della Chiesa (intimo di Papa Montini) e, insieme, garante di quella sana laicità che evita insane commistioni. In queste poche righe vogliamo ricordare solo quella che è stata una delle più importanti caratteristiche del suo agire politico: la ricerca del dialogo e del compromesso, in particolare con i nemici (con chi se no?). In un tempo in cui il mondo è scosso da fautori di scontri di fantomatiche civiltà, c’è bisogno di uomini di buona volontà che riscoprano il significato di questa prassi politica (che è insieme alto ideale, molto più degli ideali sbandierati dai vari integralismi) e la mettano in pratica. Moro, che fu maestro dell’arte del compromesso, tanto che ne diventò il simbolo, in quel capolavoro politico, giustamente ricordato come “storico”, che prevedeva l’ingresso al governo dei comunisti. E che proprio per questo fu ucciso in quel terribile ’78 (nella richiesta, anche il riconoscimento del martirio da parte della Chiesa). Ad eseguire la sentenza di morte un movimento criminale che aveva per simbolo la stella a cinque punte, troppo simile al pentacolo in uso nei riti satanici.

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