Metaverso: la distopia è già qui
Mark Zuckerberg, durante l’annuale conferenza di Facebook, ha annunciato che Facebook cambierà nome diventando Meta. Cambiamento non solo nominale, dato che con esso si apre una nuova prospettiva, una diversa e travolgente visione di internet: il “Metaverso”.
Così Zuckerberg: “Crediamo che il Metaverso sarà il successore di internet e noi saremo in grado di essere presenti – come se fossimo proprio lì con altre persone, non importa quanto distanti siamo in realtà”.
Metaverso e realtà aumentata
Il Metaverso è definito come il luogo-non-luogo dove il mondo fisico e quello digitale si incontrano. Nick Clegg, vice presidente degli affari globali e della comunicazione di Facebook, lo definisce come una serie di mondi interconnessi, dove ci si muove senza soluzione di continuità tra una piattaforma e l’altra.
In sostanza, si tratta di uno spazio dove gli avatar, le rappresentazioni virtuali delle persone, possono interagire in vario modo, incontrandosi in ufficio o andando insieme a un concerto.
Il Metaverso sarà possibile grazie all’interazione tra realtà virtuale e la cosiddetta “agumented reality”, letteralmente realtà aumentata, una tecnologia particolarmente avanzata dove elementi del mondo digitale vengono riprodotti nella realtà, arricchendola o impoverendola.
Michael Abrash, a capo del team di scienziati che sta seguendo lo sviluppo del Metaverso, afferma che tutto è iniziato a partire da Snow Crash, un romanzo di fantascienza scritto da Neal Stephenson nel 1992.
Il libro racconta di Hiro, un hacker-fattorino che lavora per la mafia e che vive in un mondo virtuale così descritto: “Hiro non è qui. È in un universo generato dal computer che disegna un mondo nei suoi occhiali e lo pompa nelle sue cuffie. In gergo, questo luogo immaginario è conosciuto come il Metaverso. Hiro passa molto tempo nel Metaverso”.
Problemi di sicurezza e dubbi rimedi
Milioni di dollari sono già stati investiti nel progetto, grazie agli immensi profitti derivanti dalle altre attività della piattaforma (e dal fatto che l’azienda ha sicuramente risparmiato in tasse). Molti però sollevano dubbi sui problemi che il Metaverso porrebbe alla privacy e alla sicurezza, soprattutto dopo lo scandalo dei Facebook Papers.
“Ad esempio”, scrive il Guardian, “un inserzionista che si rivolge a voi in un mondo virtuale potrebbe non solo tenere traccia dei dati del ‘vecchio mondo’, come la vostra età e il sesso, ma potrebbe prendere in considerazione tutta una serie di altri dati, come il vostro linguaggio del corpo, le vostre risposte fisiologiche, come potrebbe prendere nota delle persone con cui state interagendo e del modo in cui lo fate”.
In merito a queste preoccupazioni, Facebook ha già annunciato un piano di investimenti da 50 milioni di dollari volto ad assicurare che il Metaverso sia costruito in modo responsabile, coinvolgendo organizzazioni ed istituzioni accademiche come la Seul National University e la Women in immersive Tech organization.
Pare però doveroso sollevare dei forti dubbi in merito a questi tentativi, dato che già in passato Facebook ha cercato di autoregolarsi mettendo in atto misure che, col senno di poi, non sono state particolarmente efficienti, come confermano le recenti rivelazioni del Wall Street Journal, di cui abbiamo scritto in un’altra nota.
Il vero problema
Infatti, il Metaverso, e la realtà aumentata in generale, rappresentano una prospettiva ben più inquietante e pericolosa della semplice violazione della privacy o della sicurezza dei dati personali.
L’obiettivo di questa nuova tecnologia è quello di presentare i vari contenuti nel modo più realistico possibile, integrando suoni, panorami e persino sensazioni simulate nella nostra percezione della realtà.
Questo significa che la realtà aumentata sarà un mix di cose e persone reali con altre che reali non sono, in un intreccio inestricabile nel quale potrebbe essere difficile distinguere tra le une e le altre.
Oltre a evidenti problemi di confusione e di un uso indebito di tale confusione da parte di potenti e di malintenzionati, c’è la reale possibilità di un attutimento della percezione della realtà.
Peraltro, è più che probabile che la dipendenza dal virtuale, problema già presente con i social, vada ad aumentare esponenzialmente. Come Hiro, forse anche noi saremo costretti a passare più tempo nel Metaverso che nel mondo reale.
E tanti potrebbero rimanerci intrappolati quasi per sempre, interagendo con esso per gran parte del loro tempo. Anche perché è più che probabile che il Metaverso vada a espandere sempre più le proprie funzionalità, diventando essenziale anche in ambito lavorativo… (continua).