Thomas Sankara: il debito è il nuovo colonialismo (1)
Tempo di lettura: 4 minutiThomas Sankara è sconosciuto ai più, almeno per noi che riconduciamo il mondo ai nostri piccoli confini. In Africa è un eroe, un modello, un’ispirazione per tutti quelli che sognano la fine del colonialismo (o neo che è uguale) che costringe ancora tanta parte del continente a forme di schiavitù meno manifeste (sulle quali nessuna parola dei Black Lives Matters e nessun inginocchiamento).
Proprio contro la più subdola e potente di queste forme di schiavitù si schierò Sankara con una lungimiranza rara, oggi forse estinta: la schiavitù del debito.
L’allora presidente del Burkina Faso – che vuol dire “terra degli uomini integri”, nome che lui stesso diede al suo Paese, già Alto Volta – a metà degli anni ’80 capì con grande anticipo che la nuova schiavitù dei Paesi africani – ma non solo, visto il recente caso della Grecia – è l’accoppiata finanziamento/debito.
Il discorso davanti all’Organizzazione dell’Unione Africana, luglio 1987
In una drammatica sessione dell’Unione africana che si tenne ad Addis Abeba Sankarà tenne un discorso memorabile, che gli costò la vita, come d’altronde aveva profetizzato nel suo intervento, denunciando con forza il sistema del debito che i paesi occidentali usavano – e usano – per conservare controllo e supremazia sulle ex colonie.
Un sistema che strangolava, e strangola, i Paesi, prosciugandone le scarne risorse ed impedendo qualunque forma di investimento e sviluppo. L’infernale circolo vizioso, infatti, fatto di interessi progressivi, rende il debito inestinguibile, tanto che ormai gli Stati che ne sono soggiogati si ritrovano a pagare gli interessi degli interessi, cumulando nuovi prestiti e nuovi cappi al collo.
Sankara aveva capito bene il meccanismo, e tentò di convincere tutti i Paesi africani a combattere insieme questo meccanismo, semplicemente non pagando. Un’idea eversiva? Sul punto si può ricordare la più recente presa di posizione di Giovanni Paolo II, che in occasione del Giubileo del 2000 chiese con insistenza ai Paesi creditori di rimettere i debiti dei Paesi africani. Di seguito riportiamo passi dell’intervento.
[Sankara] “Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagarlo…perché non siamo responsabili del debito…perché gli altri ci devono ciò che le più grandi ricchezze non potranno mai ripagare: il debito del sangue. Noi pensiamo che il debito si analizzi prima di tutto dalla sua origine. Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo”.
“Quelli che ci hanno prestato denaro sono gli stessi che ci avevano colonizzato…che gestivano i nostri stati e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali. Noi non c’entriamo nulla con quel debito né possiamo pagarlo”.
Se l’origine del debito non era imputabile agli stati africani, non lo era nemmeno il suo incremento progressivo negli anni del post-colonialismo. Infatti, non era una libera scelta dei popoli dell’Africa, ma una collusione tra governi fantoccio, mandati al potere e sostenuti dai Paesi creditori, e i “tecnici”, parola magica sotto il cui cappello è uso, ancora oggi, nascondere qualunque nefandezza. I “tecnici” ovviamente arrivavano sempre dall’Occidente.
[Sankara] “Il debito è la prosecuzione del colonialismo con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici… sono loro che ci hanno proposto i canali di finanziamento.. siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per 50anni… Il debito, nella sua forma attuale, controllato e dominato dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a norme che ci sono completamente estranee, così che tutti noi siamo resi schiavi della finanza”.
Sankara smaschera anche il gioco della “onorabilità” del debito, perché la partita non è giocata ad armi pari. Infatti, pagare il debito, per gli Stati africani, vuol dire morire di fame, malattie, carestie e altri flagelli che la mancanza di risorse rende impossibile fronteggiare.
[Sankara] “…Rimborsare il debito…non è un problema morale…non è un problema di onore. Il debito non deve essere rimborsato prima di tutto perché se noi non paghiamo in nostri finanziatori non moriranno… invece, se paghiamo, noi moriremo”.
Straordinariamente attuale anche la definizione degli schieramenti. Non è un problema tra Europa e Africa o tra Nord e Sud del mondo. È una partita che si gioca tra ricchi e poveri, tra chi sfrutta e chi è sfruttato, a Nord come a Sud.
[Sankara] “Del resto le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari africane, piuttosto quelli che vogliono sfruttare l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa… dobbiamo dire agli uni e agli altri che il debito non sarà pagato”
Thomas Sankara è coraggioso e lungimirante, ma non è affatto ingenuo e sa bene che se rimarrà solo a combattere questa battaglia, non ha alcuna speranza…
“Chi non vorrebbe che il proprio debito sia cancellato subito? Chi non lo vuole, può prendere il proprio aereo e andare subito alla Banca Mondiale a pagarlo! Lo vogliamo tutti! La mia non è una provocazione… vorrei che la nostra conferenza possa dire chiaramente che noi non possiamo pagare il debito. Non dobbiamo dirlo con spirito bellicoso, questo per evitare che ci facciano assassinare individualmente. Se sarà solo il Burkina Faso a rifiutarsi di pagare il debito, non sarò qui alla prossima conferenza, invece con il sostegno di tutti, di cui ho molto bisogno, potremo evitare di pagare, consacrando le nostre magre risorse al nostro sviluppo”.
L’ultima parte dell’intervento di Sankara è forse quella che scaccia i residui dubbi in chi lo voleva eliminare. Thomas si scaglia, infatti, contro le armi e le guerre (in)civili che insanguinano il continente.
[Sankara] “Vorrei concludere dicendo che ogni volta che un paese africano compra un’arma è contro un africano…perciò dobbiamo anche, nella scia della risoluzione del problema del debito, trovare una soluzione al problema delle armi. Sono un militare e porto un’arma, ma vorrei che ci disarmassimo… potremo fare la pace a casa nostra. Potremmo anche usare le nostre immense potenzialità per sviluppare l’Africa. Perché il nostro suolo è ricco: abbiamo abbastanza braccia e un mercato immenso…abbiamo abbastanza capacità intellettuali per creare e utilizzare la scienza e la tecnologia”..
L’appello finale per un Africa unita e pacificata suona forse un po’ utopistico, ma l’alternativa al sogno di Sankara è l’incubo irreversibile al quale era ed è consegnato il suo continente.
“Dobbiamo realizzare un fronte unito di Addis Abeba contro il debito… prendiamo la decisione di limitare la corsa agli armamenti di cui sono preda i paesi deboli e poveri… facciamo sì che il mercato africano sia il mercato degli africani: produciamo in Africa, lavoriamo i nostri prodotti in Africa, consumiamo in Africa… dobbiamo avere come orizzonte di vivere come africani: è il solo modo di vivere liberi e degni”.
Il discorso di Adis Abeba è del luglio dell’87. Sankara sarà ucciso il15 ottobre successivo.