La famosa invasione dei topi in Australia (per tacer degli emù)
Tempo di lettura: 3 minutiLa natura ha la deprecabile tendenza a fare di testa sua senza che l’uomo riesca a porci grande rimedio. L’anno scorso miliardi di cavallette hanno deciso, in barba al Covid-19, di banchettare per mesi con i raccolti che tanta fatica erano costati agli agricoltori di mezzo mondo. Dal Kenya al Pakistan fino alla Cina e alla Sardegna tutti gli sforzi per arginare lo tsunami volante sono risultati alquanto vani.
In questo tempo di piaghe bibliche sembra che il 2021 sia l’anno dell’Australia, e non per particolari punizioni divine, di cui saremmo gli ultimi ad essere informati, ma semplicemente perché ogni tanto succede.
La terra dei Wallabies (una sorta di piccolo canguro che ai più ricorda però il nickname dei giocatori della nazionale australiana di rugby) è infatti alle prese con una gigantesca invasione di topi. Un fenomeno in realtà ricorrente in Australia, dove sembra avere un ciclo decennale.
E siccome per trasformare un problema in una calamità occorre un contesto particolarmente sfortunato, il contesto è arrivato: “Il 2020 è stato un anno di grande incremento [per il settore agrario] grazie alle piogge abbondanti che hanno creato delle condizioni favorevoli dopo due anni di siccità. A fine stagione gli agricoltori hanno avuto grandi raccolti, immagazzinati in silos e capannoni, i quali però hanno attirato i roditori” (DailyMail).
“Negli ultimi mesi, milioni e milioni di topi hanno terrorizzato la popolazione del Nuovo Galles del sud. Sono ovunque, nelle case, nelle soffitte, nei campi, nelle scuole e persino negli ospedali” (The Guardian).
A detta degli “esperti” questo non è che l’inizio. I topi starebbero avanzando alla conquista di Sydney. “Potrebbero ‘invaderla entro agosto'”, ha dichiarato Dieter Mafra, un “tecnico dei topi” della Kevin Joyce Pest Management. “I topi potrebbero entrare nelle città “facendo l’autostop sui camion… la mappa [dei loro spostamenti] sembra mostrare che stanno formando quattro colonne militari per effettuare un movimento a tenaglia altamente sofisticato”.
In questo scenario da incubo, mentre i danni stanno aumentando in maniera vertiginosa, le autorità stanno valutando di rispondere all’assalto dichiarando guerra ai topi con i più efficaci veleni anticoagulanti.
Occorre però una valutazione attenta perché tali presidi normalmente non vengono usati su larga scala a causa delle numerose controindicazioni, tra cui l’impatto che potrebbero avere sulla fauna selvatica che si ciba di roditori.
Come spesso accade, la coperta è troppo corta e non è semplice decidere se siano peggio i topi o i veleni per fronteggiarli. Verrebbe da suggerire un “tavolo tecnico”, ma viste le recenti performance di questi tavoli (vedi alla voce coronavirus) è meglio soprassedere.
Gli australiani, di contro, non difettano di esperienza riguardo fenomeni naturali “aggressivi” e hanno già imparato a loro spese che le maniere forti non producono sempre l’effetto sperato.
L’incredibile storia della “guerra degli emù” che l’Australian Army dichiarò nel lontano 1932 potrebbe insegnare qualcosa. In quell’anno, infatti, questi uccelli di grandi dimensioni, fino a 2 metri di altezza per 40 kg di peso, avevano invaso molte zone coltivate, per la disperazione dei contadini. Il governo optò allora per le maniere forti, confidando di risolvere il problema in pochi giorni.
Il racconto di RivistaNatura è quasi incredibile: “Il 2 novembre del 1932 il governo australiano fece scendere in campo le sue truppe, dotate addirittura di mitragliatrici, nella convinzione che avrebbero presto risolto il problema”.
I due eserciti si affrontarono in una battaglia cruenta, ma le cose non andarono come si sperava. Infatti, “finì con una strage di uccelli di ogni genere salvo gli emù, un po’ perché i soldati sparavano a qualsiasi pennuto gli capitasse a tiro un po’ perché fu sottovalutata una caratteristica di questi giganteschi pennuti che, come gli struzzi, è vero che non sanno volare, ma sono velocissimi”.
“Il ministro della Difesa, sir Pierce, decise così di ricorrere ai mezzi corazzati, dislocando sul campo di battaglia delle camionette armate di mitragliatrici pesanti, ma nonostante l’enorme potenza di fuoco, gran parte degli emù riuscì a mettersi in salvo fuggendo e beffando così i soldati australiani… il primo giorno, a dispetto dell’armamento pesante, furono abbattuti solo 12 volatili”.
“La disfatta dell’esercitò australiano fu dichiarata dopo solo sei giorni di guerra, cioè l’8 novembre, con la decisione del governo di richiamare nelle caserme camionette e mitragliatrici. Fatto che, naturalmente, suscitò grande ilarità sulla stampa dell’epoca”
La Waterloo aviaria australiana non risolse nulla e il problema degli emù venne risolto negli anni ’50 grazie alla diffusione su larga scala delle recinzioni elettriche. Si spera che non occorrano altri 20 anni per contrastare le ricorrenti invasioni dei topi. Da augurarsi, altresì, che il rimedio, qualunque esso sia, non sia peggio del guaio.