In morte di Aldo Moro (1)
Tempo di lettura: 2 minutiTante e diverse in questi giorni le rivisitazioni del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro. Sono passati quarant’anni dal suo assassinio ed è atto dovuto.
Purtroppo sono tutte più o meno stucchevoli. Con questo articolo iniziamo una serie di riflessioni sulla vicenda. Per cenni, come si può scrivere di queste cose.
Un premessa d’obbligo è sulle ricostruzioni. Di tanto in tanto spuntano nuovi covi dei brigatisti, nuovi particolari su quanto accaduto in via Fani e altrove in quei terribili giorni.
Di ricostruzioni
Si tratta di particolari importanti, ma secondari. Tutti sanno che Moro non è stato nel covo che ci hanno detto i brigatisti. Semplicemente non avrebbe potuto stare in quello sgabuzzino senza deperire, né poteva avere sabbia nei risvolti dei pantaloni e tanto altro.
Come tutti sanno che Moro era stato salvato dai suoi compagni di partito, come scritto da Pecorelli (e altri).
Liberato, Aldo Moro non è stato ucciso in un garage, come da narrativa ufficiale.
È stato ucciso durante il trasferimento in auto, come ricostruito in maniera definitiva da Paolo Cucchiarelli in “Morte di un Presidente”, uno dei pochi libri sull’omicidio Moro che val la pena leggere perché supportato da documenti d’epoca più che sorprendenti.
Uno di questi, tanto per citare, è la foto del bagagliaio della Renault 4 dove fu trovato il corpo di Aldo Moro.
Una foto successiva, del bagagliaio vuoto, mostra come la macchia di sangue sul tappetino non si trovasse nella zona dove stava poggiato il busto dello statista, quello martoriato dai colpi, ma sotto le gambe, che colpi non hanno ricevuto.
Insomma, come indica anche la posa del tutto innaturale del corpo, Moro fu ucciso e poi stipato nel bagagliaio: il corpo che andava irrigidendosi fu costretto a forza nello spazio angusto del ripostiglio.
Ma chi vuole può leggere il libro citato che, come detto, è uno dei pochi che dice qualcosa di interessante sul tema.
Aldo Moro e il compromesso storico
Ma interrogarsi su queste cose, anche se utile e prezioso, non esaurisce un tema molto più vasto, sul quale non vengono poste domande.
Oggi possiamo fare un primo cenno su questo livello. Una narrativa consolidata spiega che il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro fu un attacco al cuore dello Stato. Lo Stato avrebbe vacillato, certo, ma si sarebbe poi ripreso e avrebbe contrattaccato riuscendo a debellare il nemico.
Nulla di più falso: l’omicidio Moro fu un omicidio politico perfettamente riuscito.
Moro, Andreotti, Berlinguer, Rodano e Paolo VI (nei modi e nelle forme con le quali un Papa può accompagnare un processo politico) avevano immaginato un cambiamento epocale.
Tale era il compromesso storico, il più grande disegno politico del Dopoguerra. Che aveva prospettiva globale e non solo italiana.
Una prospettiva che avrebbe fatto del Pci italiano, ormai scollegato da Mosca, il punto di riferimento della sinistra d’Occidente. E avrebbe così indotto l’Unione sovietica a intraprendere un cammino di riforme ben prima dell’era Gorbacev.
Con Moro quella prospettiva fu uccisa. Un omicidio politico perfettamente riuscito, appunto.