Aleppo al tempo dell'oblio
Tempo di lettura: 5 minutiAleppo è stata liberata, anche se nella narrativa dei media occidentali si preferisce scrivere “conquistata” (da russi e siriani, ovviamente), nonostante le immagini provenienti dalla città siano state più che eloquenti, rimandando manifestazioni di massa di gente nei cui volti si leggeva gioia e sollievo.
Lo scontro che ha avuto come epicentro Aleppo è stato il più cruento che si sia registrato in questa guerra siriana. Come avvenne per Stalingrado nella seconda guerra mondiale, anche tale battaglia ha assunto un valore strategico e simbolico decisivo (l’esempio di Stalingrado non è affatto casuale).
E come per Stalingrado, la popolazione civile ha dovuto pagare un tributo di sangue altissimo ai signori della guerra che hanno tentato di rovesciare Assad scatenando in loco assassini di ogni risma e Paese.
Oggi che lo scontro cittadino è stato sopito, di Aleppo rimangono per lo più macerie: palazzi polverizzati, infrastrutture al collasso, servizi inesistenti. E, altrettanto se non più dolorose, sono le macerie dei cuori, di gente che ha perso tanto o tutto, ha attraversato anni di inferno, ha avuto come compagnia quotidiana il Terrore e la Morte.
La lettera che pubblichiamo in calce a questo scritto dà conto di tutto questo meglio di quanto possa farlo la nostra povera penna (a ciascuno il suo).
La pubblichiamo non solo per doverosa informazione, ma anche per altro motivo. Per anni le informazioni sulle sofferenze di Aleppo hanno riempito i giornali. Un vero e proprio bombardamento di articoli e reportage grondanti strazio e dolore, peraltro più che giustificati.
Per anni, fonti più o meno autorevoli, più o meno disparate hanno rimandato notizie e immagini delle indicibili sofferenze patite dalla popolazione aleppina. Il tutto accompagnato da commossa, dolorosa partecipazione.
Dolente partecipazione che ha sotteso innumerevoli appelli che, negli anni, si sono susseguiti per chiedere la fine delle ostilità nella città.
In altre note abbiamo registrato come tali appelli umanitari avessero un andamento che in matematica si potrebbe definire sinusoidale: flebili se non assenti quando la vittoria sembrava arridere ai cosiddetti ribelli, assumevano toni disperati e assordanti allorquando invece i miliziani diletti dall’Occidente e dalle Petromonarchie subivano rovesci sul campo di battaglia.
Spesso tali appelli hanno avuto l’effetto di far tacere le armi. Uno stop temporaneo alle ostilità utilizzato dai cosiddetti ribelli per rifornirsi di armi, munizioni e miliziani, e così riprendere, al termine della tregua, il conflitto con rinnovato slancio (sull’uso delle tregue a scopi militari hanno parlato a distesa vari ecclesiastici della Chiesa siriana, vedi ad esempio l’intervista al vescovo di Aleppo Joseph Tobji).
Oggi che la città è sotto il controllo di Damasco, le sofferenze della popolazione civile, seppur minori, restano immani, come accennato in esergo e come dettaglia la missiva che pubblichiamo.
E però tali sofferenze a quanto pare non interessano più a nessuno. Nessun cenno sui media, nessun appello perché la popolazione civile, stremata da anni di guerra, sia rifornita di energia, di derrate alimentari, di medicine per grandi e bambini. Nulla di nulla.
Le organizzazioni umanitarie internazionali sono diventate improvvisamente afone. E anche l’Onu, a quanto pare, ha altro da pensare. Lo strazio dei derelitti di Aleppo ha evidentemente perso il suo appeal.
La nostra non vuol essere una denuncia, d’altronde contiamo nulla, ma una semplice registrazione di fatti. Peraltro di uno sviluppo che non ci sorprende affatto perché le lacrime di allora e la feroce indifferenza attuale sono in fondo due facce della stessa medaglia.
Come accennato, l’emergenza umanitaria del passato aveva, al di là delle buone intenzioni dei singoli, anche motivazione belliche: poteva cioè essere usata per tentare di frenare l’offensiva delle forze di Damasco (e così di fatto è stato).
Aiutare la popolazione civile di Aleppo oggi, almeno agli occhi perversi di quanti ancora alimentano questa guerra, avrebbe l’effetto contrario.
Risulterebbe cioè un aiuto indiretto al governo di Damasco, dal momento che gli risolverebbe problemi che invece è costretto ad affrontare sottraendo risorse al conflitto contro i jihadisti (ancora in corso).
Nulla di sorprendente, dunque, in questa indifferenza. Ma di tragico sì. Eccome.
Di seguito, la missiva aleppina, che suor Arcangela ha indirizzato al sito OraproSiria e a noi gentilmente girata:
È vero che Aleppo è stata liberata da oltre un mese, e questo ci permette di vivere in pace e sicurezza. Si tratta però di una fragile pace, perché nella periferia di Aleppo i jihadisti sono sempre lì e pronti ad attaccare la città. Possiamo sentire di tanto in tanto colpi di cannone (hanno missili di 40 km di gittata).
In Aleppo città le difficoltà continuano, e continuano in modo drammatico: niente acqua da tre settimane [è stata tagliata per l’ennesima volta dai cosiddetti ribelli ndr.], l’elettricità non parliamone, non la vediamo da mesi, olio combustibile e bombole di gas sono introvabili e quando li troviamo costano troppo, fa un freddo cane (-5 di notte), le persone non hanno nulla per riscaldarsi, ad alcuni fortunati le coperte sono distribuite da varie organizzazioni che fanno di tutto per migliorare questa situazione.
Personalmente vi posso dire attraverso la testimonianza diretta del nostro personale di servizio, essi si riscaldano bruciando bottiglie di plastica, cartoni di farmaci che prendono con loro al momento di lasciare l’ospedale.
Per questo abbiamo ammucchiato il cartone da dar loro e fornito coperte, per evitare che abbiano problemi respiratori soprattutto per i bambini a causa del fumo tossico della plastica. Bisogna dire poi che la maggior parte delle persone così come il nostro staff, sono sfollati e nelle abitazioni non vi sono più riscaldamento o installazione di gas…
Da 20 giorni è totale mancanza di acqua, una situazione ancora peggiore di quella vissuta negli anni scorsi quando i miliziani interrompevano la fornitura d’acqua dalla centrale di pompaggio di Suleiman Halabi a loro piacimento; adesso il problema è che il canale che riempie il fiume che attraversa Aleppo è stato totalmente tagliato da ISIS molto vicino al lago Assad e le cisterne non vengono più rifornite.
Che dire delle persone che vivono nelle tende? E’ ben triste, perché prima della guerra c’erano sì dei poveri in Aleppo, ma non c’era la miseria, nessuno moriva di fame o di freddo. Questa guerra ingiusta ha distrutto un paese per niente …. La Siria non sarà più come prima, chi potrà ricostruirla, ricostruire anche l’ uomo?
Noi cerchiamo di guarire lo spirito e le ferite che sanguinano ancora …. Il tempo le guarirà, ma le cicatrici rimangono, per ricordare tutte le sofferenze che hanno sperimentato.
Ma vi posso assicurare che le persone che incontriamo hanno grande fede, e la Speranza non è morta, perché vediamo intorno a noi che la vita sta tornando lentamente. In effetti, gli impiegati delle strade stanno cercando di riportare la città pulita, rimuovono i blocchi stradali, e le persone riparano i loro negozi come possono … essi vogliono vivere! E noi continuiamo a mettere tutte le nostre forze per incoraggiarli e andare avanti con fiducia!
I nostri giorni sono molto pieni, abbiamo un sacco di pazienti, e la mancanza di personale si sente tanto… ..Con tutto il cuore vi abbraccio e vi chiedo di ricordarci nella preghiera
suor Arcangela, ospedale San Louis