Corea: la "rottura" di Trump è ad alto rischio
Tempo di lettura: 3 minutiLa decisione di Trump di annullare l’incontro con Kim Jong-sun “rinnova i timori di una destabilizzazione” in Asia. Questo il titolo di un articolo del Washington Post. Un altro articolo dello stesso quotidiano analizza invece i “limiti” della diplomazia del presidente.
La rottura: le responsabilità di Trump
Per i giornali americani, almeno a stare ai titoli principali, la rottura delle trattative è da ascrivere all’improntitudine di Trump, non al gioco al rialzo innescato da Pyongyang o da oscuri disegni di Pechino, come reputano alcuni analisti italiani.
Interessante, sotto tale profilo, un articolo del New York Times nel quale David Sanger rimprovera al presidente di aver negoziato il nucleare coreano come fosse una “trattativa immobiliare“, adottando le tecniche che usava da imprenditore: intimorire la controparte per ottenere il massimo. Approccio indebito e sbagliato.
La tempistica della rottura indica chiaramente la responsabilità di Trump. La missiva indirizzata a Kim, nella quale annunciava e motivava l’annullamento, è stata spedita mentre la Corea del Nord inviava un importante segnale distensivo, distruggendo il sito dei test atomici.
La via libica per la Corea del Nord
Una tempistica che allarmerà ancora di più i nordcoreani, dal momento che rievocherà lo spettro di Gheddafi, al quale il disarmo nucleare non ha portato fortuna…
Peraltro di una “soluzione” sul modello libico hanno parlato sia il Consigliere alla sicurezza nazionale John Bolton che il vice-presidente Mike Pence.
E proprio la controversia su tale nefasta evocazione è stata la causa ufficiale della rottura. I nordcoreani hanno duramente criticato le parole di Pence, con toni che hanno fatto infuriare il presidente americano, come scritto nella missiva presidenziale.
La Corea del Nord non può barattare la “sicurezza”.
Ma al di là delle motivazioni ufficiali, la causa reale, secondo Sanger, è che “in entrambe le capitali” sono entrate in azione forze interessate al “fallimento” del dialogo.
Da una parte i neocon (vedi Bolton), dall’altra le élite militari legate al nucleare, che hanno paura di perdere i propri privilegi.
Interpellato da Sanger, William Perry, che ha negoziato per conto di Bill Clinton con Pyongyang, ha dichiarato che la maggiore preoccupazione di Pyongyang è la “sicurezza”.
Kim ha “bisogno di soldi, investimenti e tecnologia”, spiega Perry. “Ma più di questo, ha bisogno di convincere le élite della Corea del Nord che non ha barattato l’unico strumento che garantisce la sicurezza” del Paese: “il patrimonio nucleare di suo padre e suo nonno”.
Di seguito, Sanger ricorda che Bolton “solo alcuni mesi fa ha pubblicato un saggio intitolato “Il modo legale per colpire la Corea del Nord preventivamente”…
Il nefasto attacco preventivo
Nella lettera, Trump ha accennato a possibili colloqui futuri, ma non ha resistito alla tentazione di ricordare il potenziale atomico degli Stati Uniti, che, scrive, spera “di non dover usare mai”. Voleva “intimidire”, ha ottenuto l’effetto opposto, scrive Sanger, irrigidendo Pyongyang.
Ma là di là dei dettagli, pure importanti, il nodo grave, si legge sul NYT, è che sia “Trump che Bolton che il Segretario di Stato Mike Pompeo” chiedono una “denuclearizzazione completa, verificabile, irreversibile”.
Un disarmo immediato che Kim non può accettare. Mentre può accedere a un disarmo graduale in parallelo a concessioni, come ad esempio lo smantellamento della presenza militare Usa nella Corea del Sud.
Dal canto loro, invece, gli americani non hanno “mai” accennato alla “possibilità che gli Stati Uniti debbano rinunciare a qualcosa”.
“La Casa Bianca sembra credere che un attacco preventivo” contro la Corea del Nord “sia un’opzione praticabile”, si legge in un altro articolo del New York Times, che rimanda a uno studio più che accurato.
Un’analisi che “dovrebbe chiarire abbastanza rapidamente che l’esito della guerra in Corea del Nord sarà negativo, pessimo o molto, molto peggiore di così”. Vero: cliccare qui per prenderne visione.
Eppure i neocon sono determinati, ossessionati a perseguire tale via. Una follia difficile da contenere.