Damasco si propone per difendere Afrin dai turchi
Tempo di lettura: 2 minutiIl conflitto siriano vede nuovi sviluppi: Damasco potrebbe porsi a difesa dei curdi di Afrin, martellati dall’offensiva turca intrapresa nella regione.
Potrebbe essere la fine dei combattimenti, dal momento che i turchi potrebbero fermare la loro campagna militare. Usiamo il condizionale perché è solo un’ipotesi, che però circola con insistenza, tra conferme e smentite.
Di certo c’è che tra i comandi curdi e Damasco stanno intercorrendo trattative serrate e segrete.
E di certo c’è che Damasco, appena iniziata l’operazione turca, aveva offerto protezione ai curdi, ottenendo un rifiuto. Evidentemente questi ultimi erano sicuri di ricevere aiuto dagli americani, come da loro promesso.
Un appoggio che avrebbe consentito ai curdi di far fronte alla Turchia e, allo stesso tempo, di sganciarsi da Damasco per realizzare l’agognato Stato curdo siriano, il Rojava.
Non è andata così: Washington li ha lasciati soli per evitare di rompere del tutto con Ankara, infuriata dall’iniziativa americana volta a sostenere i curdi del Pyd e del Pkk.
Prospettiva inaccettabile per Recep Erdogan, che li considera terroristi. La visita del Segretario di Stato Usa Rex Tillerson in Turchia di due giorni fa ha reso palese il voltafaccia Usa, dal momento che i due Paesi hanno trovato convergenze sul punto.
Certo, le forze curde finora hanno contrastato con efficacia i turchi, ma non sembrano sufficienti per vincere la guerra.
Da questa evoluzione, quindi, potrebbe nascere l’intesa con Damasco, che da tempo ha prospettato una soluzione alle aspirazioni curde: un Rojava autonomo all’interno della federazione siriana.
Accettare tale prospettiva per i curdi vorrebbe dire riconoscere Damasco come capitale e il suo esercito come unico apparato militare dello Stato, nel quale le loro milizie dovrebbero integrarsi.
Non si sa se i turchi accetterebbero un accordo di tal fatta. Di certo gli sarebbe difficile attaccare forze siriane poste a difesa dei curdi: equivarrebbe a una dichiarazione di guerra contro il suo alleato russo. Alla lunga risulterebbe insostenibile.
Potrebbero dunque limitarsi a chiedere una fascia di sicurezza che tenga lontane le milizie curde dalle loro frontiere (controllata da siriani o russi).
A Erdogan basterebbe per annunciare di aver vinto la sua guerra, avendo raggiunto l’obiettivo dichiarato: la sicurezza dei confini turchi, appunto.
Assad, invece, guadagnerebbe un altro pezzo di territorio siriano, frantumato dall’inizio di questo conflitto.
E magari la riconoscenza dei curdi e del movimento internazionale che li sostiene, anche se difficile stante la fortissima propaganda a lui avversa.
Per Damasco sono giorni importanti: in altra zona, l’esercito siriano si prepara a dare l’assalto finale al Goutha Est, enclave da tempo occupata dalle milizie jihadiste.
Da vedere se tali forze accetteranno la resa in cambio di un riposizionamento in un’altra casella dello scacchiere siriano, come accaduto per altre criticità del conflitto. Si eviterebbero vittime civili.
Purtroppo tali milizie sono abituate ad altri computi: capitalizzano sui civili che perdono la vita. La narrativa di tale guerra, infatti, li mette in conto al solo Assad.
Sperare in un accordo è d’obbligo: quando la diplomazia vince sulle armi, i costruttori di guerra perdono. Per questo la osteggiano in ogni modo. Come sta accadendo, purtroppo, per Afrin.
Ps. Titolo di Haaretz di oggi: Per respingere l’Iran, Israele accresce il sostegno ai ribelli siriani, “armare 7 diversi gruppi”. Uno sviluppo che non aiuta un attutimento delle tensioni.