G7 e Sco: globalizzazione e bipolarismo Oriente-Occidente
Tempo di lettura: 3 minutiDue immagini icastiche quelle che ieri hanno girato il mondo: una è del G7 e vede i leader europei attorno alla Merkel con i pugni sul tavolo che guarda torva Trump, il quale a sua volta, a braccia conserte, esprime tutto il suo distacco verso i suoi interlocutori.
L’altra foto di gruppo immortala i leader dei principali Paesi d’Oriente aderenti all’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (Sco), che comprende, insieme a Russia e Cina e ad alcuni Paesi asiatici ex sovietici, anche India e Pakistan, oltre che l’Iran col ruolo di osservatore.
G7 e Sco: differenze di prospettiva
Il primo vertice vede sette Paesi che pretendono avere in mano i destini del mondo. Il secondo vertice smentisce questa pretesa, stante che la parte orientale del mondo si sta organizzando a prescindere da tale pretesa.
Il primo vertice vede un serrato scontro interno tanto palese che non si riesce a fare neanche il solito striminzito comunicato finale che, per quanto formale e privo di contenuti reali, dava l’idea di una unità di intenti e prospettive.
Il secondo vertice non avrebbe neanche bisogno di comunicati finali per attestare una unità che è nei fatti, stante che, nonostante le conflittualità endemiche (tra India e Pakistan, tra Cina e India etc.), quei Paesi riconoscono di avere un minimo comun dominatore che li vede convergere verso una prospettiva unitaria: quella di fare dell’Oriente un ambito di opportunità per lo sviluppo dei singoli Paesi aderenti.
E, in parallelo, obiettivo tacito ma a volte palesato, lavorare per porre le basi per una ristrutturazione del commercio mondiale, non più dipendente dal solo dollaro.
Il vertice dei grandi vede economie alle prese con incognite che presentano serie criticità, mentre i Paesi dello Sco hanno davanti promettenti prospettive di sviluppo.
Ma al di là delle differenze tra Oriente e Occidente, la fotografia del mondo che ci regalano i vertici paralleli è quella che vede la globalizzazione ormai superata, almeno in nuce, da un nuovo bipolarismo economico-finanziario.
I Paesi dello Sco sanno che le loro prospettive di sviluppo sono incentrate in Asia, e per la precisione nel motore cinese, mentre nei Paesi del G7 si vede un ritorno agli interessi nazionali, alquanto disomogenei quando non conflittuali.
Non solo per l’America First di Trump o per la Brexit britannica: anche il nuovo attivismo francese, con Macron, o la chiusura nazionalista della Germania (perseguita attraverso l’abuso dei meccanismi europei), indicano la collocazione di tali Paesi in una prospettiva meno aperta alla globalizzazione.
Oriente e Occidente: di riconciliazioni e fratture
Interessante che la rappresentazione icastica della nascita di un bipolarismo planetario coincida con una riconciliazione storica tra Oriente e Occidente: la pace tra Stati Uniti e Corea del Nord. Una riconciliazione che ha visto la convergenza di Usa, Russia e Cina.
Un passo che quindi potrebbe essere foriero di un nuovo ordine globale, che vedrebbe l’Impero americano porsi in una dialettica meno conflittuale con l’Impero d’Oriente, tanto da immaginare futuri vertici a tre (Russia, Cina, Usa) per dirimere i destini del mondo (scenario che vede l’Europa ai margini).
Un quadro che potrebbe essere rotto da una nuova e insanabile frattura tra Oriente e Occidente: l’eventuale guerra tra Occidente e Iran.
E c’è chi teme, come scrive Anshel Pfeffer su Haaretz di oggi, che proprio la riconciliazione tra Usa e Corea del Nord sia un passo verso questa nuova e insanabile frattura.
La pace coreana, infatti, sarebbe “preludio alla guerra contro l’Iran”: infatti, ripulito il tavolo dalla “distrazione nordcoreana”, gli Usa potranno concentrarsi sull’attacco a Teheran.
È una narrazione che gira da tempo. Non la sposiamo per tanti motivi. Ma la teniamo presente mentre partecipiamo alla gioia del popolo dell’intera penisola coreana per lo storico incontro tra Kim Jong-un e Donald Trump.