I missili terra-aria dei terroristi siriani
Tempo di lettura: 3 minuti«In Siria il Fronte al-Nusra, formazione legata ad al Qaeda esclusa – come lo Stato Islamico – dalle formazioni anti-regime interessate dal cessate il fuoco siglato il 27 febbraio, afferma di aver abbattuto un jet dell’aeronautica militare siriana a nord di Aleppo e di aver catturato il pilota. La notizia è ripresa anche dall’Osservatorio siriano per i diritti umani che cita una fonte del gruppo. L’aereo volava a bassa quota e sarebbe stato raggiunto da un intenso fuoco di mitragliatrice, fino a precipitare al suolo
». È una notizia pubblicata sulla Repubblica del 5 aprile. Il velivolo è stato abbattuto nei pressi di Al Eis, in mano ad al Nusra, e il pilota è stato catturato dai terroristi.
Derubricata a notiziola di guerra poco interessante, la vicenda ha invece contorni altamente inquietanti. Anzitutto per come viene raccontata: l’aereo, secondo il sedicente Osservatorio dei diritti umani (con sede a Londra), sarebbe stato abbattuto da un intenso fuoco di mitragliatrici mentre volava a bassa quota. Basta guardare il video che è correlato all’articolo, che mostra la discesa col paracadute del povero pilota, per capire che non volava a bassa quota, anzi.
Ma perché raccontare una balla così facilmente smascherabile? Perché altrimenti occorreva accettare la versione ufficiale, quella fornita dai siriani, che dicono che l’aereo è stato abbattuto da un missile terra-aria, un manpad. Come da un manpad è stato abbattuto un altro aereo siriano solo il mese scorso.
Prima di questo ultimo mese i cosiddetti ribelli siriani non erano mai stati in grado di colpire gli aerei di Damasco (ne era stato abbattuto uno dai turchi). Avevano abbattuto elicotteri, vero, ma mai erano riusciti a colpire uno aereo. Ciò vuol dire che di recente sono arrivati in zona manpads molto sofisticati.
Ma chi ha iniziato a fornire manpads – in grado di abbattere aerei in altitudine – ai terroristi? La risposta è facile: basta scorrere l’elenco dei fornitori ufficiali di armi delle formazioni anti-Assad: Turchia anzitutto, che conserva rapporti più che ambigui con al Nusra; ma anche Arabia Saudita, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Qatar…
Il fatto è che, dopo l’intervento della Russia, la guerra si è messa male per quanti hanno sperato in un regime change in Siria. Si assiste quindi a un gioco al rialzo, nel tentativo di arginare, e ribaltare, l’offensiva lanciata del governo di Damasco che a Pasqua ha liberato Palmira dall’Isis, conseguendo una vittoria di prestigio.
Una scommessa pericolosissima: i sistemi antiaerei terra-aria possono essere usati anche per attacchi contro velivoli civili, in particolare in fase di decollo o discesa. Due esempi eclatanti: 3 settembre 1978, i ribelli dello Zimbabwe abbattono l’Air Rhodesia, volo 825, causando 38 morti; nel 1994 un attacco con missili terra-aria analoghi fa precipitare l’aereo che trasportava i leader di Rwanda e Burundi diretti a un incontro di riconciliazione (seguirà il genocidio ruandese e burundese).
Potremmo fare altri esempi, dal momento che stime ufficiali raccontano di 50 casi di aerei civili abbattuti da tali sistemi d’arma.
Qualcuno sta giocando molto sporco, fornendo a formazioni terroriste armi in grado di abbattere aerei civili. Un’operazione criminale che meriterebbe un’investigazione seria, molto più necessaria di quella che ha prodotto i Panama papers che riempie i giornali di notizie su conti offshore di vip internazionali (esclusi gli americani, ovviamente). Ma tant’è.
Nella battaglia di Al Eis, nella quale è stato abbattuto l’aereo siriano, va rilevata un’altra circostanza, messa in evidenza da un altro articolo della Stampa: la formazione islamista Ahrar al-Sham ha combattuto insieme ad al Nusra contro Damasco.
Su tale formazione terroristica c’è stato dibattito ai negoziati di Ginevra: L’Arabia Saudita e la Turchia hanno fatto di tutto perché fosse inclusa tra le fazioni con le quali Damasco dovrebbe trattare il destino della Siria, mentre Assad e la Russia volevano escluderla perché di matrice terrorista.
La sua discesa in campo a fianco di Al Nusra conferma i timori russi e siriani, mentre rivela tutti i rischi della situazione sul campo, dove le varie formazioni islamiste, che hanno tratti indistinguibili tra loro, conservano contiguità che permettono il passaggio di armi e miliziani dall’una all’altra. Evidentemente tali particolari agli occhi dei loro sponsor internazionali appaiono secondari, nonostante gli immani rischi connessi.
L’11 aprile riprenderanno i colloqui di pace sulla Siria. Le troppe ambiguità degli sponsor internazionali di tali formazioni jihadiste, e le ambiguità e i troppi punti di contatto tra quelle incluse nel processo di pace e quelle escluse, rendono le cose complesse.
Complessità accresciuta dal fatto che sono tanti gli ambiti politico-finanziari internazionali che non si rassegnano ad accettare un negoziato che veda protagonisti Assad e Putin, considerati ostacoli ai loro disegni geopolitici in Siria e altrove. L’operazione Panama papers, tesa a screditare lo zar russo, ne è un ulteriore indizio.