La Germania e la svolta a destra dell'Occidente
Tempo di lettura: 3 minutiNon solo l’estrema destra, le elezioni tedesche hanno dato un altro netto vincitore, Christian Lidner, che ha riportato i liberali al Bundestag, dal quale erano stati estromessi dopo il crollo delle ultime elezioni. Il suo partito ha preso oltre il 10% dei consensi e si candida a essere parte del nuovo governo, insieme ai Verdi, sotto la guida della sempiterna Cancelliera Merkel.
La sua presenza nel governo potrebbe dare un assetto ancor meno solidale alla Germania rispetto all’Europa, offrendo una sponda all’ala destra del partito della Cancelliera da sempre contraria alle pur minime aperture che il governo tedesco ha offerto agli Stati europei strangolati da Bruxelles (tra cui Francia e Italia).
Un approccio più assertivo verso la Ue, dunque, che però dovrà dipanarsi con il realismo del caso, dal momento che la Germania non può permettersi il crollo dell’Italia, né tantomeno quello della Francia. Avrebbe ripercussioni non gestibili anche in Germania.
Lo sa bene lo stesso Lindner, il quale ha dichiarato che la «Germania non diventerà più forte se la Francia sarà debole», come riporta Paolo Valentino sul Corriere della Sera del 26 settembre.
Si tratta di contraddizioni che dovranno essere sanate attraverso la normale prassi politica e che indicano che le paure di tanti analisti, che vedono il nuovo governo tedesco porsi in rotta di collisione con la Ue “solidale”, seppure hanno certo fondamento, sono tutte da verificare.
Diverso il discorso riguardo l’Agenda internazionale della Germania. Scrive Valentino: «anche sulla Russia Lindner non potrà smentire la linea, molto in sintonia con la grande industria tedesca, che chiede la fine delle sanzioni a Mosca».
Anche questo punto è tutto da verificare. Ma da ieri la posizione di Macron, che appena eletto ha aperto alla Russia, è meno isolata in ambito Ue.
Ma sul futuro assetto del panorama politico tedesco va verificata anche un’altra variabile, quella costituita da Frauke Petry, leader vincente dell’Afd, l’Alternative for Deutschland che ha fatto il pieno di voti portando ai nazionalisti una messe insperata di consensi.
Dopo la vittoria la Petry si è dimessa, nella speranza di creare un suo gruppo personale a carattere più moderato. Vuole, insomma, entrare nell’agone politico uscendo dal ghetto nel quale è stata rinchiusa l’Afd, inseguita dalle accuse di revanscismo nazista.
Se la Petry riuscirà nel suo intento, può dar vita a un nuovo soggetto politico, che potrebbe contendere all’Afd e ai liberali la leadership della destra. Una iniziativa che ha anche un respiro internazionale, dal momento che la Petry ha incassato il gradimento esplicito di Marine Le Pen.
Un’ultima considerazione va fatta per la sinistra: le elezioni tedesche hanno evidenziato che in Occidente essa è ormai in via di consunzione; in Germania i consensi si sono orientati verso i partiti di destra (l’avanzamento di un punto percentuale di Die Linke è eccezione residuale che conferma la regola).
Consegnata al grande Capitale finanziario, la sinistra si è suicidata. Un suicidio assistito (dal grande Capitale finanziario appunto), quindi gestito, ma che sembra ormai (momentaneamente) irrevocabile.
Le fasce di cittadini di cui è stata storica interlocutrice ora si rivolgono a destra, alimentando una destra nuova, anti-sistema ma (almeno ad oggi) priva della carica eversiva propria del nazismo e del fascismo storici.
È accaduto in Francia, dove il duello finale ha visto protagonisti il Front National della Le Pen, che ha abbandonato le spinte eversive del movimento paterno per adottare una linea più marcatamente populista, e le forze “bonapartiste” proprie del nuovo corso politico di cui è espressione Macron.
E un duello a destra si è ripetuto, sotto altre spoglie, in Germania, dove di destra (o centro-destra, che non vuol dire più nulla) sono la Cdu, i liberali del FDP e l’Afd, che hanno vinto le elezioni. Si tratta dei Paesi guida dell’Europa: indica quindi una tendenza generale (almeno per l’Occidente).
Un fenomeno che, al di là dei giudizi e delle simpatie, va registrato, dal momento che indica una prospettiva nuova.
La sinistra ha ancora chanches di ripartenza, come evidenziano la riuscita di Corbyn in gran Bretagna e la cavalcata entusiasmante di Sanders in America. Ma perché ciò avvenga è necessario che si divincoli dall’abbraccio che l’avvince al Capitale finanziario.
Un abbraccio al quale si è consegnata nella speranza di diventare forza di governo credibile e accettata, come avvenne con Tony Blair. E che invece, come facilmente prevedibile, l’ha perduta o, per dirla in altro modo, l’ha portata alla perdizione. Ha venduto l’anima e ne ha subito le dolorose conseguenze.
Fino a quando la sinistra resterà avvinta in questo abbraccio mortale, la politica occidentale vedrà il duello, sempre più serrato e conflittuale, tra due destre: quelle emanazione del Grande Capitale e quelle anti-sistema.