La Ue e l'accordo sui migranti
Tempo di lettura: 3 minutiSi chiude il controverso accordo con la Turchia per regolare il flusso dei migranti che da Ankara arrivano in Europa. Bruxelles china il capo alle richieste del signore dei profughi Recep Tayyp Erdogan, che apre e chiude tale flusso a suo piacimento.
Certo, l’Europa può rivendicare di non aver ceduto, ché Ankara non vede accolte tutte le sue richieste, in particolare quella che prevedeva l’accelerazione delle procedure per l’ingresso della Turchia nella Ue e quella relativa a un immediato finanziamento di altri 3 miliardi di euro – oltre ai 3 già previsti – da utilizzare per l’assistenza dei migranti che si trovano in Anatolia.
Ma in realtà il ricatto di Erdogan è andato a segno: Bruxelles ha dovuto trattare con lui per far fronte al problema e ha dovuto cedere a parte delle sue richieste. E, peraltro, forte è il sospetto che quello del presidente turco in realtà fosse solo un gioco al rialzo per ottenere quanto sperava.
In base all’accordo saranno respinti tutti i migranti irregolari che proveranno a entrare nella Ue. Né è prevista alcuna possibilità di accoglienza per i migranti “economici”, quelli che fuggono dalla miseria per intenderci. Uno schiaffo alla storia europea, che in epoca di vacche magre si è giovata non poco delle rimesse dei tanti migranti che hanno trovato fortuna altrove. Ma tant’é.
Ma c’è un punto della vicenda particolarmente odioso: per ogni siriano “irregolare” respinto, la Ue ne accoglierà un altro che avrà fatto regolare domanda.
A parte che l’Isis ha fatto un business dei documenti siriani falsi, particolare che ha certa importanza, resta la discriminazione razziale insita in questa vicenda.
Non si capisce infatti perché a un iracheno, ad esempio, che pure fugge da una zona di guerra, non sia data analoga possibilità. In questo modo si crea una “razza eletta” che ha dei diritti negati alle altre. Un vizio strutturale che ricorda un nefasto passato. Soprattutto se si considera che a spingere per chiudere l’accordo con Ankara è stata la Germania.
Ma ci sono in ballo anche considerazione più prettamente politiche. La Turchia, infatti, è stata uno dei principali protagonisti del conflitto in Siria. Ankara ha supportato, e supporta, attivamente le più scatenate bande di mercenari che tanti lutti hanno addotto ai siriani.
Con l’accordo viene quindi affidato ai carnefici il diritto di gestire il destino delle loro vittime, quelle sopravvissute al mattatoio da essi alimentato. Per fare un esempio (non un paragone, ché il genocidio degli ebrei ha ben altra storia) è un po’ come se gli ebrei avessero trattato con Hitler chi dovesse o meno entrare in Israele.
Né va sottaciuto un altro pericolo sotteso a tale accordo: la possibilità che la Turchia usi del miraggio europeo per svuotare la Siria dei propri cittadini a favore dell’insediamento in loco di altre popolazioni. Dai porosi confini turchi, infatti, sono affluiti in Siria decine di migliaia di miliziani, molti dei quali tenteranno di traferire in questo Paese le loro famiglie.
E molti altri potrebbero affluirvi, stante che quei confini continuano a conservare certa porosità. Che potrebbe aumentare a seguito di una (relativa) stabilizzazione del Paese se il processo di pace avviato a seguito dell’intervento russo avrà un qualche successo. Ciò andrebbe a creare un rimescolamento demografico a tutto favore di quanti hanno alimentato il conflitto.
Non va dimenticato a questo proposito che la demografia, in particolare in Medio Oriente la cui popolazione è un mosaico di etnie e religioni, è parte della strategia militare.
Snobbare tali considerazioni come astratti aneliti ideali che non tengono conto del pragmatismo necessario a frenare un flusso migratorio potenzialmente devastante per la Ue sarebbe alquanto semplicistico.
In realtà appartiene al realismo, anche politico, la distinzione tra vittime e carnefici. Iniziative politiche che esulino da questo sano realismo hanno in sé un tarlo che rischia di produrre future tragedie.