Le bugie di Ghouta
Tempo di lettura: 3 minutiIl copione si ripete con ripetitività estenuante: la campagna condotta dall’esercito di Damasco per liberare il Ghouta dalle milizie jihadiste che lo controllano da anni è «un massacro senza precedenti»; le vittime sono migliaia etc. L’Onu interviene, chiede di fermare le operazioni.
Tutto si ripete uguale a se stesso. comprese le fonti di informazioni su quanto sta avvenendo, sempre le stesse (Piccolenote).
Le vittime civili che contano meno
Nessuna protesta per i massacri che stanno avvenendo in Yemen: nel 2017 eravamo già a 50mila civili tra uccisi e feriti (Onu). Ma li a bombardare sono sauditi e americani. Quindi guerra buona e giusta.
Come a Raqqa. Quella fu descritta come una “guerra di liberazione”, perché lì c’era l’Isis. Quella di Ghouta, dove ci sono miliziani jihadisti del tutto simili all’Isis (cambiano solo le sigle), che hanno agito in parallelo all’Agenzia del Terrore per la causa del regime-change siriano, invece è un guerra di oppressione. Potenza degli aggettivi.
Né sono stati contabilizzati i civili morti sotto i bombardamenti Usa in Iraq, come oggi avviene per Ghouta. Anche se poi un numero è arrivato, nascosto e mai ripreso: 6000 nel 2017 (Washington Post).
D’altronde basta leggere la descrizione della distruzione di Raqqa riportata dal Corriere della Sera: «Interi quartieri della città […] sono inagibili, gran parte dei palazzi sono ridotti in macerie». Tanto che i russi hanno paragonato quei bombardamenti a quelli di Dresda del ’45.
Né una riga è stata spesa in questi lunghi anni per le tante vittime civili che sono morte a Damasco per i missili lanciati dagli jihadisti del Ghouta: ordigni caduti su ospedali, scuole (chi vuole piccoli, quanto toccanti esempi, può leggere alcune testimonianze riportate su Ora pro Siria: cliccare qui o qui).
Ciò accadeva (e accade) nonostante quella zona fosse una delle aree di de-escalation, create in seguito agli accordi tra russi, iraniani e turchi. Bombardamenti continui, che seminavano terrore e morte a Damasco, ché il Ghouta è un quartiere di Damasco e da lì martellavano sugli altri quartieri.
Quanti hanno fornito armi, munizioni e assistenza a quelle milizie sono gli stessi che protestano contro la campagna militare di Damasco.
Quando Mattis ha smentito l’attacco chimico a Khan Sheikhoun
Tutto vecchio, in questa sporca guerra. Come anche il rinnovato refrain sulle armi chimiche che i siriani avrebbero usato a Khan Sheikhoun, attribuito appunto a Damasco come apice delle tante crudeltà perpetrate in questi anni.
Gli stessi giornali che non hanno speso una riga per rilanciare la notizia più che esplosiva del 2 febbraio scorso, quando il ministro della Difesa americano in persona, James Mattis, disse che loro non avevano nessuna prova che i siriani avessero usato armi del genere a Khan Sheikhoun. Nessuna: e sono passati dieci mesi (Piccolenote).
Possibile che l’intelligence più potente del mondo, che monitora con particolare attenzione tutto quel che accade in Siria data l’importanza geostrategica assunta, non abbia ancora uno straccio di prova? Né uno dei suoi alleati gliel’ha fornita?
Vuoi vedere che avevano ragione i siriani che avevano accusato i jihadisti di aver montato una messinscena? Più che un sospetto (cliccare qui). In fondo, la prima vittima di una guerra è la verità.
Ora si chiede una tregua umanitaria per Ghouta, per far finire la “disumana violenza”. Sarebbe bello far finire questa violenza. Basterebbe che chi arma tali miliziani chiudesse i rubinetti dei finanziamenti (peraltro sono gli stessi canali usati dall’Isis) per far finire tutto.
Ma quei jihadisti gli servono maledettamente (letterale). E gli serve la tregua umanitaria, per salvarli prima che capitolino e il Ghouta venga liberato dalla loro morsa. Perché da lì tengono sotto scacco la capitale siriana, una fonte di destabilizzazione permanente funzionale al regime-change. Già esperti di guerre umanitarie (Iraq, Libia), sanno usare a scopi bellici anche le tregue umanitarie.
Ps. La campagna per fermare la liberazione del Ghouta è identica quella avvenuta al tempo per per la liberazione di Aleppo. Per i video della popolazione che festeggia la liberazione di Aleppo rimandiamo all’Antidiplomatico.