L'Ucraina vista da Berlino
Tempo di lettura: 3 minutiPiù le elezioni americane si avvicinano, più le aree di crisi dove si confrontano più o meno direttamente Russia e Stati Uniti (e Paesi Nato) si riscaldano. Era prevedibile e previsto. Accade in Medio Oriente, accade nella linea di faglia dove, nell’Est Europa, si sta giocando una nuova Guerra Fredda, in realtà sempre più incandescente.
In quest’ultima area, la Nato sposta le sue pedine, tra cui i 140 militari italiani inviati in Lettonia (la Russia trema…), provocando reazioni nell’altro campo.
Oggi a Berlino si sono incontrati il leader ucraino Petro Poroshenko e quello russo Vladimir Putin. Mediatori Angela Merkel e François Hollande i quali furono già demiurghi dell’accordo di Minsk che aveva messo fine al conflitto aperto tra le autoproclamate repubbliche del Donbass e il governo di Kiev.
Un conflitto che però in questo periodo ha continuato a covare sotto la cenere e a mietere morte e distruzione. A tentare in tutti i modi di riaccenderlo le milizie nazionaliste e filo-naziste legate a Kiev, che hanno continuato a imperversare nonostante il cessate il fuoco.
Ma scambi di colpi si sono avuti anche tra ribelli e truppe regolari, queste ultime troppo spesso più impegnate a colpire le linee nemiche che a presidiare le aree sotto il loro controllo.
Proprio alla vigilia del vertice, il 16 ottobre, è stato ucciso uno dei capi storici della repubblica popolare di Donetsk, Arsen Pavlov, conosciuto con il nome di battaglia di “Motorola”.
Il comandante delle milizie ribelli, già scampato a due attentati, è stato assassinato con una bomba radiocomandata piazzata nell’edificio nel quale abitava con la famiglia.
«L’attentato è stato rivendicato da quattro uomini mascherati in un video nel quale posano davanti ad una bandiera di un gruppo neonazista filo ucraino e minacciano che i prossimi saranno Alexandre Zakharchenko, capo dei separatisti filorussi a Donetsk, e Igor Plotnitsky, suo omologo Luhansk
», riporta l’Adn Kronos del 17 ottobre.
Un modus operandi tipico delle organizzazioni terroriste. Roba da Isis, insomma. Ma a differenza di quelli, questi non sono perseguiti dalle autorità locali, anzi. Secondo le autorità russe, il video è opera della Misanthropic Division (chi vuole, può visionare il sito ufficiale di questi eroi nazionali ucraini), il cui nome accattivante e giovanilista ha comunque un sinistro rimando nichilista.
Il fatto che nessun giornale mainstream abbia riportato la notizia con il dovuto rilievo (si tratta di un atto terroristico come altri) la dice lunga sull’attenzione con la quale si tenta di evitare di dare conto di notizie che contrastano la narrativa ufficiale che vede russi e miliziani del Donbass nel ruolo dei cattivi.
Il livello di provocazione del crimine appare ancora più evidente se si considera che Motorola era cittadino russo: un vero e proprio atto di guerra che probabilmente voleva spingere le repubbliche del Donbass e la stessa Russia a una reazione, così da rendere impossibile l’incontro di Berlino e far collassare una situazione già critica.
Ad oggi, a parte la scontata reazione verbale (durissima) dei leader separatisti, non è successo nulla di tutto questo. E, nonostante le sanguinarie provocazioni, l’incontro di Berlino si è tenuto e ha prodotto un risultato: l’impegno dei contendenti a produrre entro novembre una nuova road map per attuare gli accordi di Minsk ancora inevasi.
Un po’ pochino, certo, ma data la situazione è un mezzo miracolo. Sospeso ovviamente alle provocazioni di quanti tentano in tutti i modi di far precipitare la situazione.
Non solo i filo-nazisti ucraini e i loro padrini locali, ma anche quel War party che tanti affiliati ha sia al Pentagono che in ambito Nato, il quale usa della follia di questi gruppi estremisti per i loro scopi (più o meno) oscuri.
Nella foto: Motorola