Netanyahu, Putin e lo scontro tra Iran e Israele
Tempo di lettura: 3 minutiProve di guerra tra Iran e Israele. Stanotte uno scambio di colpi: l’aviazione israeliana ha bombardato postazioni siriane asserendo che fossero in uso agli iraniani e dalla Siria sono piovuti missili sul Golan, lanciati dalle milizie dei Guardiani della rivoluzione.
Gli israeliani dicono che hanno risposto a un attacco altrui, siriani e iraniani dicono l’opposto. E sembra più probabile quest’ultima versione, stante che Israele ha già bombardato più volte in Siria, giustificando tali operazioni come azioni preventive.
Sarebbero 23 le vittime, tra siriani e iraniani, mentre non si registra alcuna vittima israeliana. Discordi sono anche le analisi dei colpi andati a segno o meno, da una parte e dall’altra.
Resta che è la prima volta che gli iraniani colpiscono in territorio israeliano. Come prevedibile, l’improvvida rinuncia all’accordo sul nucleare iraniano da parte di Trump sta producendo effetti disastrosi.
Israele vuole a tutti i costi cacciare gli iraniani dalla Siria. Yuval Steinitz, ministro dell’Energia di Tel Aviv, ha dichiarato: “Se il presidente siriano Bashar Assad continuerà a permettere agli iraniani di operare dalla Siria, Israele lo eliminerà e rovescerà il suo regime“.
Una minaccia che è accompagnata da altre. In Israele, toccata per la prima volta da una risposta nemica, è un fiorire di dichiarazioni muscolari, che trovano contrappunto in ambito iraniano, in particolare tra gli esponenti dei Guardiani della rivoluzione.
E a Tel Aviv si accarezza il sogno di uno strike decisivo, che però necessita, per riuscire, del supporto degli Stati Uniti.
Ad oggi raccoglie solidarietà e dichiarazioni di sostegno contro l’asserita aggressione di Teheran, che tale non è, ma non ha importanza in questo gioco di specchi iniziato con la revoca del trattato nucleare per asserite, e inesistenti (così l’Agenzia per l’energia atomica), violazioni del patto da parte iraniana.
Chi stranamente sembra conservare il lume della ragione è il ministro della Difesa israeliano, il falco Avigdor Lieberman, che, pur minacciando sfracelli se le milizie iraniane useranno la Siria per attaccare Israele, spiega che “tutto è limitato al momento a un confronto tra noi e le Guardie rivoluzionarie iraniane in Siria. Tutti vogliono limitare questo confronto e mantenerlo in questa forma “. Così su Timesofisrael.
“Lieberman ha sottolineato che Israele non si è interessato a un’escalation”, si legge ancora su Timesofisrael.
E però l’escalation è rischio reale. Come è una possibilità reale che, per la prima volta da decenni, Israele possa subire seri danni al proprio interno. Contare centinaia, migliaia di vittime tra i suoi cittadini.
Una guerra contro l’Iran non avrebbe alcuna analogia con le tante campagne intraprese da Tsahal a Gaza, contro palestinesi che al massimo hanno qualche bomba e delle mitragliatrici.
Come ben sanno i militari israeliani, che avevano pur chiesto agli Usa di non stracciare l’accordo nucleare con Teheran.
Ma è tempo di guerra adesso, e tutti devono per forza restare allineati e coperti a Tel Aviv.
Ma nel suono assordante dei tamburi di guerra si può rinvenire qualche accento discorde. Come quello che spunta tra le pagine di Haaretz, dove Amos Harel scrive: “L’arroganza dei politici israeliani è un pericolo”.
Ieri Netanyahu era a Mosca, invitato da Putin per assistere alle celebrazioni della vittoria sul nazismo.
Hanno parlato della situazione mediorientale: Netanyahu ha chiesto al presidente russo di restare neutrale, per evitare pericolosi scontri diretti tra russi e israeliani. Cosa che Putin può fare, ma fino a un certo punto.
Quel che può fare in piena libertà, invece, è tentare un’impossibile mediazione tra Tel Aviv e Teheran. Ma ad oggi, al massimo, può dire: “State buoni se potete”, come appunto sta facendo.
Forse potrà essere più incisivo in seguito, quando, come prevedibile, lo scontro si farà più fitto e ci sarà bisogno di un intermediario che eviti avventure senza ritorno. Sempre che questa avventura non sia già iniziata…