Di Riforme o pseudo-riforme
Tempo di lettura: 3 minutiSu media, ambiti politici e culturali tiene banco il dibattito referendario sul Sì o No alla riforma costituzionale. Vicenda nevralgica, che ottunde la vera emergenza del momento che è la crisi economico-finanziaria che attanaglia il Paese, la quale ha certo cause internazionali di difficile risoluzione, ma non per questo dovrebbe esimere la classe dirigente a porvi la necessaria attenzione.
E ciò al di là delle boutade propagandistiche da parte dell’attuale governo che ben sa come un Ponte immaginario sullo Stretto non risolva nulla. Distrae e basta.
Forse già per questo, e solo per questo, il quesito referendario, vera ossessione di questi anni, andrebbe derubricato a progetto dannoso per il Paese, da rispedire al mittente.
Ma al di là di questa necessaria premessa, v’è anche un’altra ragione per approcciare a tale pseudo-riforma, da non confondersi con una Riforma degna di fregiarsi di tale nome, con animo più che critico, ovvero proprio l’incandescenza dell’attuale dibattito.
Tale angosciante agonismo, infatti, denota il peccato d’origine del progetto pseudo-riformatore, ovvero il fatto che un progetto di ristrutturazione dello Stato tanto importante, se non decisivo per il destino del Paese, sia stato concepito in vitro all’interno di una cerchia ristretta e occulta, il circolo etrusco del quale il povero Renzi è effimero e transeunte esponente mediatico e politico.
Non si tratta in questa sede di rimpiangere un passato illustre che ha offerto all’Italia un ruolo chiave del proscenio internazionale, ché ormai la classe politica, culturale e imprenditoriale è di altro e infimo livello.
E però è davvero impensabile immaginare come una Riforma, fosse anche la pseudo-riforma immaginata dal circolo estrusco in questione, sia stata potuta concepire in un ambito così angusto e autoreferenziale.
Proprio la mancanza di condivisione di tale progetto fa sì che in molti ambiti esterni ai circoli occulti che l’hanno concepita (su evidenti input internazionali come da nota sui desiderata della J.P Morgan) si nutra una sana diffidenza e che il dibattito sia tanto acceso e divisivo.
Come detto, tale frattura va ascritta al peccato d’origine della pseudo-riforma e alla mancanza di condivisione di un progetto tanto ambizioso. Che ora cerca attraverso il populismo d’accatto riversato a piene mani dall’istrionico presidente del Consiglio di conquistare quel consenso popolare oggi tanto necessario alla vittoria referendaria quanto evitato in precedenza con ostentato disprezzo.
Al di là di altre considerazioni, val la pena soffermarsi su un particolare del dibattito in corso.
Nel tentativo di recuperare consensi all’interno dell’attuale classe politica, quella stessa classe politica consegnata dai fautori della pseudo-riforma all’eterna dannazione tramite rottamazione, l’istrionico presidente del Consiglio, o chi per lui del circolo etrusco l’abbia immaginato, ha offerto una mediazione funambolica: ovvero il cambiamento della nuova legge elettorale, che lo stesso circolo ha predisposto come pendant alla pseudo-riforma.
Questo perché il combinato disposto tra pseudo-riforma e nuova legge elettorale ha il difetto, rilevato da tanti oppositori della pseudo-riforma, di consegnare il Paese a una ristretta minoranza, meglio a una oligarchia autoreferenziale.
La cosa invero buffa è che sembra che tale proposta abbia innescato un dibattito vero e proprio e stia acquisendo spazi di fattibilità come possibile mediazione per un riposizionamento di alcuni esponenti dell’opposizione.
Non sappiamo come andrà a concludersi tale manovra, anche se abbiamo preso atto di aperture di credito e altro. Di certo pare che in tale offerta pochi abbiano individuato il trucco che la rende del tutto inane.
Il fatto è che se anche oggi venisse cambiata la legge elettorale, nulla vieta al prossimo governo, quello insediato dopo un’eventuale vittoria del Sì, di modificarla a sua volta. Cambiare una legge elettorale è facile, come abbiamo visto in questi ultimi anni, durante i quali se ne sono prodotte diverse (e una più esoterica dell’altra).
Sarà ancora più facile in futuro quando la pseudo-riforma avrà prodotto una nuova maggioranza nel mini-parlamento e un nuovo insindacabile governo.
Così in cambio di un beneficio effimero quanto eminentemente propagandistico, parte dell’opposizione sta valutando di consegnare l’Italia alla pseudo-riforma prima avversata (oltre che i propri colli al carnefice, ma questa è questione privata di nessun interesse).
Non viviamo in tempi di lungimiranza politica, ma anche alla miopia dovrebbe essere posto un qualche limite.