Caso Skripal: infuria il neo-maccartismo
Tempo di lettura: 3 minutiLa Gran Bretagna espelle 23 diplomatici russi come risposta all’avvelenamento di Serghei Skripal e della figlia Yulia. L’ossessione maccartista che imperversa in Occidente si arricchisce di un nuovo capitolo.
L’avvelenamento dell’ex spia russa passata al servizio di Sua maestà sarebbe solo l’ultimo capitolo di una persecuzione mirata, che in precedenza avrebbe causato la morte della moglie e del figlio di Skripal (la prima di tumore (!), il secondo in un incidente d’auto).
Skripal e il maccartismo di ritorno
La vicenda rimanda al caso Litvinenko, l’ex spia russa avvelenata a Londra col polonio.
Proprio le tante forzature avvenute di quel caso gettano ombre sulle certezze presenti. Una commissione d’inchiesta britannica volle a tutti i costi indicare una responsabilità russa.
Peccato che l’inchiesta si basava unicamente sulle informazioni di una fonte del tutto inaffidabile, tal Mario Scaramella.
E che il fratello di Litvinenko abbia accusato l’Occidente di aver inscenato una manovra anti-Putin (Piccolenote). E altro.
Il copione sembra ripetersi. La premier Theresa May ha puntato l’indice contro Mosca senza alcuna esitazione, nonostante l’inchiesta risulti alquanto affrettata.
E nonostante il portavoce del leader laburista Jeremy Corbyn avesse ricordato come l’intelligence britannica avesse “inventato” le armi di distruzione di massa di Saddam e chiedesse, dunque, di esibire le prove del caso.
Una preoccupazione condivisa anche dal presidente francese Emmanuel Macron, che però poi ha fatto retromarcia, adeguandosi al coro.
Ci sarebbe da sorridere se non fosse una tragedia. Perché da alcuni anni a Putin è stato attribuito di tutto: gli manca solo di aver scatenato le guerre puniche e il catalogo sarebbe completo.
L’esercizio di dipingerlo come il Cattivo del mondo, sorta di Gargamella che infierisce sui puffi dell’Occidente, è davvero stucchevole.
Non si tratta di essere filo-putiniani, come al tempo del maccartismo non era necessario essere comunisti per accorgersi che qualcosa non andava.
Non in Unione sovietica, che pure non era certo l’Eden, ma in Occidente, dove l’ossessione anti-comunista fu usata per restringere libertà e tacitare spiriti liberi.
Ma al di là di queste considerazioni, va da sé che qualcosa non torna. Si accusa la Russia perché sarebbe stato usato del gas nervino di produzione sovietica.
Perché i russi avrebbero dovuto “firmare” l’omicidio? E perché usare una sostanza tanto esecrabile e che certo non poteva non destare curiosità investigative?
Anche la Reuters, Agenzia stampa britannica aliena da simpatie filo-russe, dedica un documentato articolo al fatto che a causa del caos successivo al crollo dell’Unione sovietica le armi chimiche potrebbero essere finite in mano diverse da quelle dello Stato russo… Tant’é.
La May si rilancia
Val la pena registrare che, con questa mossa, la May «si rilancia» (Sole 24Ore). Ha infatti compattato il Paese attorno a lei, rendendo il suo governo meno vacillante. E ha così superato le critiche dei contrari alla linea pro-Brexit di cui è portatrice.
Tale mossa, va notato, si snoda in parallelo con il licenziamento del Segretario di Stato americano Rex Tillerson: vicenda, quest’ultima, tesa a far collassare l’ultimo filo di dialogo Usa-Russia (Piccolenote).
Stati Uniti e Gran Bretagna, uniti nella prospettiva isolazionista, si trovano dunque uniti anche nel confronto con Mosca. Difficile per la Ue smarcarsi da queste pressioni convergenti.
Si spera che Mosca perseveri nella linea tenuta finora. Caratterizzata da risposte, seppur obbligate (pena il crollo del consenso di cui gode Putin), comunque limitate (basta pensare alla reazione contenuta al feroce bombardamento Usa che ha ucciso oltre 100 militari russi in Siria).
Un esercizio di pazienza: se il presidente russo rispondesse colpo su colpo, l’escalation sarebbe irrefrenabile. L’Occidente deve trovare in se stesso un modo di uscire dalla spirale bellicista nella quale la sta trascinando l’internazionale neocon.
Non può puntare solo sulla pazienza di Putin. Lo zar potrebbe perderla o potrebbe cedere a quanti, in patria, spingono per reazioni più dure. Sarebbe un disastro di portata globale.