Sorpresa: l'Isis ad Aleppo
Tempo di lettura: 3 minutiÈ stato ucciso Abu Mohammed al-Adnani, macabro portavoce dell’Isis (o Daesh), le cui minacce al mondo hanno imperversato in questa funerea stagione del Terrore.
Il vero nome sarebbe Taha Sobhi Falaha, ma forse anche tale nome è falso in questo gioco di specchi dove macabre controfigure recitano in film dove attori e registi sono ben altri (film horror di ottima fattura, dove però i morti son veri).
A darne notizia è stata Dabiq, l’agenzia stampa di Daesh, e per questo possiamo prenderla per buona, anche se spesso i giochi di specchi prevedono anche morti apparenti (utili a far esfiltrare agenti ancora buoni per nuove operazioni).
Né va dimenticato che tale notizia, rimbalzata sui media internazionali come una grande vittoria contro il terrorismo, in realtà è davvero poca cosa: le controfigure si sostituiscono facilmente. E morto un al-Adnani, o chi per lui, se fa un altro.
Un modo per alimentare la propaganda “buona”, quella dell’antiterrorismo. Per far vedere che si fa qualcosa. Mentre sul vero fronte di contrasto, quello finanziario, attraverso il quale passano i soldi del Terrore, non si registra nessun successo: non una banca, non un conto corrente sospetto. Nulla appunto. Ma questo l’abbiamo scritto tante volte, inutile ripeterlo.
Al di là di questi banali interrogativi, ce ne sono altri. Uno di questi è la paternità del successo (mediatico): i media si interrogano su chi sia stato a uccidere il profeta del Terrore, numero due dell’Isis, soggetto solo al patriarca al-Baghdadi. I russi, sembra, o forse gli americani, si legge. Interrogativi inani, che ricordano la nota canzone di Lucio Dalla.
In realtà la vera domanda da porre, quanto ignorata, è tutt’altra. E ha a che fare con l’ubicazione dell’agente (presumibilmente) ucciso, riportata da tutti i giornali: al-Adnani si trovava ad Aleppo. Ovviamente, anche se non specificato per qualche remoto pudore, nella zona occupata dai ribelli.
Sì, proprio ad Aleppo, nella zona assediata del sanguinario regime di Assad, quella su cui politici e media internazionali hanno speso parole angosciate in queste ultime settimane: per la sorte dei civili sotto le strette di un’emergenza umanitaria catastrofica (ignorata quando vincevano i ribelli). Come anche per la sorte dei valorosi patrioti siriani, che a quel regime sanguinario si stanno opponendo.
Strano perché per anni gli stessi media hanno ripetuto come un mantra che non c’era l’Isis ad Aleppo. Assioma al quale si accompagnava l’accusa a Damasco di battagliare contro i ribelli prediletti dall’Occidente, obliterando la causa comune della lotta all’Isis.
Invece Dabiq, fonte non sospetta di simpatie per il regime, ha detto esattamente il contrario. Già perché se il numero due dell’Isis stava ad Aleppo non era certo in gita di piacere.
Né è credibile si trovasse lì in missione esplorativa, come asserito dall’Isis, ché non si manda il boss dei boss in esplorazione. Si tenga anche conto che ormai la zona è sotto assedio da mesi, cosa che rende se non impossibile l’infiltrazione di estranei verso la città, sicuramente un rischio da non correre per un personaggio di quel calibro.
No, al-Adnani era ad Aleppo da tempo. E di certo non da solo, ma ovviamente in compagnia di un buon numero di affiliati della sua Agenzia funebre.
Non solo: ai ribelli protetti dall’Occidente era certamente nota quella presenza, non fosse altro per le ristrettezze del territorio nel quale sono costretti a muoversi.
Non ne hanno mai parlato ai loro interlocutori internazionali? Si sono coordinati con l’Isis per far fronte comune contro le truppe di Damasco?
Domande retoriche le cui risposte appaiono ovvie e che lasciamo ai nostri lettori. Come appare più che ovvio che quella zona di Aleppo, vitale in questa guerra, fosse da tempo sotto stretta osservazione dei servizi di informazione dei vari sponsor internazionali dei cosiddetti ribelli. Che evidentemente hanno chiuso un occhio, o forse due, e anche qualche orecchio su quella indebita presenza.
Questa la miseranda storia di tal al-Adnani, che incitava lupi solitari a uccidere europei e americani con ogni mezzo (vedi video), preparava attentati, inviava killer e uomini bomba un po’ dappertutto. Morto ammazzato nell’enclave di Aleppo diletta da politici, militari e media d’Occidente. Storia che qualcuno prima o poi dovrà spiegare un po’ meglio della narrativa usuale.