Suor Iola, il Terrore e la caduta di Ghouta
Tempo di lettura: 5 minuti“Non sono una politica né un’analista, parlo solo di quel che ho visto dal mio punto di osservazione, che è poi il convento di Damasco in cui vivo”. Suor Iola è a Roma, di passaggio. Francescana, vive in uno dei luoghi più cari della cristianità: il Memoriale della conversione di san Paolo. Una struttura che oggi ospita malati, orfani e poveri.
La incontriamo. E ci racconta: “Quando i giornali e le televisioni occidentali parlano delle operazioni militari del governo contro Ghouta descrivono il governo siriano come brutali assassini che infieriscono contro persone che lottano per la libertà. Per chi abita a Damasco non sono eroi, ma terroristi”.
Sono diversi dall’Isis, obiettiamo. Alza le spalle: “Sono tutti uguali… Isis, al Nusra e tutti gli altri gruppi armati… i combattenti passano da un gruppo all’altro. Cambiano nome, distintivi, bandiere, ma sono sempre gli stessi”.
Gli chiediamo della notizia del giorno, che agita il mondo: l’eccidio perpetrato a Douma – rione di Ghouta – con i gas, che ha convinto l’Occidente a intervenire. “Nessuno a Damasco crede alle accuse contro il governo siriano. Non aveva nessun motivo per usare i gas. Aveva vinto la guerra, che motivo aveva di fare un’azione che avrebbe sicuramente scatenato un intervento dell’Occidente?”.
“Sì, perché la Siria aveva vinto la guerra”, spiega suor Iola, “Ghouta, la zona controllata dai miliziani – di cui Douma è una parte – non è un piccolo sobborgo di Damasco. Quasi circonda la capitale e si allunga fino al confine con la Giordania. Così i miliziani hanno tenuto sotto scacco Damasco per anni. Lanciando missili, granate e quanto altro su palazzi e civili”.
“Hanno ucciso e ferito innocenti, dei quali all’Occidente pare non importare per nulla. Stragi mirate: a Ghouta hanno trovato una mappa precisa con indicati tutti i posti da colpire, contrassegnati con numeri”. Molto ben informati, evidentemente.
Così ordinavano di colpire l’obiettivo 20 e il missile arrivava, spiega la suora. “Come a Kashkoul, il mercatino che sta proprio vicino a noi: cinquanta morti, tra i poveretti che affollavano le bancarelle; e tanti di loro erano bambini…”.
“Per sei anni ci hanno bombardato, tanto è durato questo assedio” racconta la religiosa. “E negli ultimi tempi, mentre tutto l’Occidente parlava di quel che faceva l’esercito siriano a Ghouta, ci hanno martellato di missili. Mai come in quei giorni”. Gli abitanti di Damasco, racconta la suora, avevano fatto tutti testamento, lasciato una lettera ai familiari, una foto, nel caso toccasse a loro quel giorno.
Ma torniamo all’aspetto militare. E all’importanza di Ghouta… “Era importantissima. Quando l’esercito è entrato, ha scoperto una vera e propria città sotterranea, fatta di tunnel sviluppati a due livelli”.
“Hanno trovato una vera propria autostrada sottoterra, che si allungava fino ai confini con la Giordania. Da lì passavano camion con altri miliziani, rifornimenti e armi. Per questo è stato tanto difficile per l’esercito aver ragione dei terroristi”.
“Lì sotto”, continua suor Iola, “hanno trovato anche il centro di comando che coordinava le azioni di tutte le bande terroriste sparse in Siria. Per questo era così importante Ghouta. Riprendendola, Assad ha di fatto vinto la guerra”.
E per questo i terroristi hanno fatto la strage di Douma, come detto. Suor Iola non crede siano stati sganciati i gas. Piuttosto crede, come più o meno tutti a Damasco, che sia una messinscena.
E racconta di filmati che girano sul web, che immortalano bambini e adulti che, sotto la guida dei terroristi, simulano attacchi con gas. Bambini morti, fasciati, cui sfugge la manina per grattarsi. Ma, al di là dei filmati e delle supposizioni, resta il fatto che a giovarsi di questa vicenda sono solo i terroristi, riprende la religiosa.
Già i terroristi. Perché tali sono. “Tutti parlano dei civili di Ghouta”, riprende suor Iola, “ma nessuno si preoccupa di quanto questi civili hanno patito in questi anni sotto il giogo dei miliziani”.
Di fatto Ghouta era un enorme campo di prigionia a cielo aperto. Un campo gestito dal Terrore. “Tutti gli uomini dovevano combattere per i miliziani”, spiega la religiosa, “e chi non lo faceva non riceveva alimenti, né lui né la sua famiglia. Era la fame”.
Sugli alimenti ci sarebbe da ridire, ché tanti sono stati gli appelli perché il governo siriano aprisse corridoi umanitari per consentire l’accesso a cibi e medicinali per alleviare le sofferenze al quartiere assediato. “Veramente quando l’esercito siriano è entrato a Ghouta ha trovato enormi quantità di cibo e medicine immagazzinati sottoterra”, afferma suor Iola.
“Gli arrivavano dai tunnel, dal confine con la Giordania”, dettaglia. “E sia gli alimenti che le medicine erano gestiti dai miliziani, che davano a chi volevano loro… per gli altri erano solo fame e malattie”.
Non è che esagera? La domanda sorge spontanea. “Le persone che sono state liberate da Ghouta stanno parlando” dice la suora. “E raccontano storie terribili: i bambini erano strappati alle famiglie, divisi maschi e femmine per essere educati nelle scuole coraniche”.
“Per educarli meglio”, aggiunge, “gli facevano eseguire le sentenze emesse dai loro tribunali, uccidere persone. Le persone non gradite poi venivano torturate. Poi c’erano i tribunali e la loro legge, che prevede il taglio delle mani, dei piedi…”.
“Tanti civili, poi”, prosegue suor Iola, “erano destinati a scavare i tunnel. Un ragazzo di Ghouta ha raccontato di aver lavorato quattro anni sottoterra: aveva iniziato che aveva quattordici anni… libero, mostrava a tutti le mani callose e consumate dal tanto scavare”.
“D’altronde”, riprende dopo una pausa, “parliamo di gente che quando le truppe siriane avanzavano, per dissuaderle, prendevano i civili e li buttavano giù dai palazzi, da tetti e finestre…”, fino a quando queste non si arrestavano o tornavano indietro.
Poi c’è il capitolo Adra, cittadina a est di Damasco. Quando i miliziani sono arrivati, racconta suor Iola, “hanno preso prigionieri circa settemila persone e le hanno portate a Ghouta, dove sono rimasti segregati per tutti questi anni”.
Si tratta di persone che poi sono state messe in gabbie sparse per tutta la zona, così da dissuadere il governo dall’attaccare, ricorda suor Iola. Notizia nota e data anche alla Cnn, quando ancora l’America non aveva deciso apertamente di combattere a fianco dei terroristi (Piccolenote).
“Ma prima”, continua la suora con voce più grave, “ne hanno presi quattrocento e li hanno messi nei forni dei panifici… Li hanno bruciati vivi. Questi sono i ribelli siriani che l’Occidente esalta”.
Ci sarà ancor più guerra in Siria. E altre bombe, stavolta sganciate da aerei Usa. La suora è evidentemente preoccupata. Chiediamo se ha mai pensato di andar via. “Il governo siriano”, risponde, “vuole che restiamo, ci tiene alla presenza cristiana: ci ha chiesto di aprire le nostre strutture alla popolazione, compresi gli islamici. Cosa che abbiamo fatto: il nostro convento ospita cinquanta famiglie”.
“La preoccupazione del governo di Damasco”, aggiunge, “è far sì che la Siria resti il Paese che è sempre stato, dove la convivenza tra cristiani e islamici non solo è possibile, ma è realtà concreta. Ma certo non restiamo solo per questo. Siamo cristiani e siamo siriani: il nostro posto è là, accanto ai nostri fratelli che soffrono”.
Una scelta che ora suona più drammatica che mai. L’Occidente prepara le bombe. Il Terrore ha un volto nuovo. Ma non per questo meno minaccioso.