23 Luglio 2016

Terrore squilibrato a Monaco

Terrore squilibrato a Monaco
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La strage di Monaco si chiude in modo imprevisto: secondo le autorità a compiere il tragico eccidio, ad oggi nove i morti, sarebbe stato uno squilibrato. Un ragazzo tedesco, figlio di migranti, senza arte né parte; che ha voluto vendicare a suo modo il bullismo subito.

 

Questa la versione ufficiale, alla quale ci atteniamo. Nella tragedia risulta tranquillizzante rispetto a un atto terroristico di matrice neonazista o islamista.

 

Piste che si erano intrecciate nella serata di ieri. Una turista americana, Lauretta Januze, aveva infatti raccontato alla Cnn di aver visto benissimo un attentatore mentre ricaricava la pistola in bagno per poi iniziare a sparare al grido di “Allah Akbar” (rivendicazione che non si nega a nessun attentatore).

 

Altri testimoni oculari avevano invece riferito tutt’altro, e raccontato di assassini che urlavano insulti xenofobi, da qui la pista neonazista.

 

C’è poi il video del litigio tra uno degli attentatori, anzi sembra l’Attentatore, e un tizio su di un tetto, ripreso in diretta. Litigio surreale, nel quale l’uomo dal tetto insulta l’altro mentre un terzo riprende tutto dalla distanza. Filmato forse risultato decisivo per l’attribuzione dell’attentato.

 

Detto questo, il resoconto dei fatti in presa diretta sembrava raccontare altro. A compiere la strage una squadra di agenti professionisti. Tre secondo le testimonianze, forse di più, per nulla dediti al fosco rito dell’attentato suicida in stile Isis.

 

Tanto che, compiuta la strage, erano esfiltrati in modo altrettanto professionale. Uno di loro avrebbe preso la metro, luogo ideale per far perdere le tracce (basta vedere i film).

 

C’era anche il giorno simbolico: il 22 luglio del 2011, infatti, il neonazista Anders Breivik, dopo aver piazzato un’autobomba al centro il Oslo, presso i palazzi governativi, corre all’isola di Utoya (o forse ci arriva tramite bilocazione) e fa strage di giovani del partito di governo.

 

Anche il luogo appariva simbolico: l’attacco è avvenuto al centro commerciale Olympia, situato dove nel ’72 era sorto il villaggio olimpico e nato nell’occasione.

Proprio le Olimpiadi, da sempre simbolo di pace, sono ultimamente funestate da calamità convergenti.

 

Durante le ultime Olimpiadi invernali, quelle di Sochi del 2014, minacciate preventivamente dal terrorismo ceceno (fortunatamente a vuoto, i servizi di informazione russi hanno ancora qualche efficacia), giunse al parossismo la crisi ucraina, che ha avuto come conseguenza di riprodurre in vitro la Guerra Fredda che ancora perdura.

 

Le prossime Olimpiadi di Rio, invece, si sono attirate calamità più diversificate, a partire dalla Zika, la terribile pandemia assassina che pur avendo fatto infinitamente meno danni della normale influenza è diventata motivo di controversia per la partecipazione o meno di squadre e atleti.

 

L’Olimpiade ha poi portato sfortuna alla presidente Dilma Roussef, trascinata nelle polvere da scandali veri e presunti proprio in questi mesi.

 

Ha infine visto l’attivismo ossessivo della Wada, organo di controllo antidoping alquanto bizzarro e militarizzato, per metà pubblico e per metà privato (anche nei fondi), che ha chiesto l’esclusione della Russia dai Giochi in base a un’inchiesta “indipendente”, cioè fatta da un privato (fondata su un pentito).

 

Una risoluzione che, al di là della fondatezza o meno delle accuse, ha come conseguenza quella di ribadire la spaccatura tra Est e Ovest, conflitto che non aiuta, anzi alimenta la destabilizzazione globale.

 

Insomma, un simbolo di pace alquanto malconcio, che ieri sembrava essere un indiretto bersaglio degli attentatori. D’altronde il cuore di tenebra del Terrore è abitato da riti e simbolismi.

Peraltro solo due giorni fa a Rio era stata sgominata una cellula terrorista che preparava attentati ai Giochi.

 

Ma ovviamente erano solo suggestioni causate dalla presa diretta. L’attentato di ieri è stato compiuto da uno squilibrato, magari ispirato dalle gesta di Breivikcome dicono le autorità. Che compiuto l’eccidio si è sparato. Nulla più. Conclusione di certo più tranquillizzante.

 

Resta lo sconcerto per il fatto che sempre in Baviera, solo quattro giorni fa, un altro squilibrato, stavolta made in Isis, aveva assaltato dei civili con un’accetta. Un uno-due alquanto traumatico per la regione.

 

Come resta il dolore per le povere vittime di questa follia. Dolore che ci fa sentire prossimi anche al cuore del Papa emerito, di certo contristato per quanto sta avvenendo nella sua Baviera. Regione che rappresentava una sorta di isola felice della Germania. Oggi un po’ meno.

 

 

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