Trump, l'accordo di Helsinki e Gaza
Tempo di lettura: 3 minutiTweet di Trump oggi, dopo Helsinki: “Il vertice con la Russia è stato un grande successo, tranne che per il vero nemico del popolo, i “Fake News Media”. Attendo con impazienza la nostra seconda riunione in modo da poter iniziare ad attuare alcune delle molte cose discusse, tra cui la fine del terrorismo, la sicurezza di Israele, la proliferazione nucleare, gli attacchi informatici, il commercio, l’Ucraina, la pace in Medio Oriente, la Corea del Nord e altro ancora. Ci sono molte risposte, alcune semplici e altre difficili, a questi problemi… ma TUTTI possono essere risolti!” Insomma Trump conferma la sua linea e rilancia.
La marea nera
Ciò mentre i media degli Stati Uniti lo stanno massacrando. “La puzza delle esecrabili performance di Trump diventa sempre più putrida”. Solo per citare un titolo del Washington Post a mo’ di esempio.
Ce n’è anche per la sua amministrazione. “Dimettiti Pompeo. Dimettiti Bolton”, titola Brett Stephens sul New York Times.
L’onda nera monta. Non serve molta intelligenza per capire che la mossa di Trump ha scosso il sistema nel profondo. La cui reazione è violenta e pericolosa.
Trump lo sa e va avanti, potendo contare su parte degli apparati, stufi delle follie neocon. E sulla gente che l’ha votato, che ancora lo appoggia.
Chi ha perso le elezioni, chi allora sperava nella Clinton, che la Russia voleva incenerire, sta tentando in tutti i modi di bloccare la prospettiva avviata. Contro il voto degli americani.
I frutti di Helsinki
Ma al di là, resta che il primo accordo di Helsinki, ovvero la pax nella Siria meridionale, pattuito tra Trump, Putin e Netanyahu, si sta concretizzando.
I jihadisti di Quneitra si sono arresi all’esercito siriano. Un’evoluzione bellica significativa e, insieme, simbolica: Quneitra è la porta tra Siria e Golan, l’ultimo bastione del Sud. Il confine tra Israele e Siria è ristabilito: si torna a quello del 2011, prima dell’inizio della guerra.
Come scrive Debka: “La resistenza dei ribelli siriani all’avanzata dell’esercito siriano su Quneitra, di fronte al Golan israeliano, si è sgretolata giovedì 19 luglio, in assenza del supporto militare israeliano”.
Sempre Debka informa che “I primi ufficiali russi visitano Tal Harra, che domina Quneitra”. Come prevede l’accordo, sarà proprio l’esercito di Mosca a vigilare sulla zona per evitare scontri tra le forze di Tel Aviv e di Damasco. Insomma, a Helsinki non si è solo parlato. Sono seguiti fatti. E fatti importanti.
Le priorità di Israele
Tutto ciò è favorito dal fatto che gli israeliani sono distratti da altre priorità. È passata oggi alla Knesset la legge sulla nazionalità, che stabilisce Israele come Stato ebraico. Una legge che ha acceso controversie, con contrasti interni, tra cui quello del Presidente Reuven Rivlin, e internazionale.
Ciò per via della distinzione che pone tra cittadini ebrei e non ebrei all’interno dello Stato di Israele. Ma è questione troppo complessa per affrontarla in poche righe.
Non solo la legge sulla nazionalità. A distrarre la politica, l’esercito e l’opinione pubblica da quanto sta avvenendo al confine con la Siria è anche la crisi dei palloncini/aquiloni incendiari di Gaza (sul punto, vedi Piccolenote).
L’esercito israeliano è pronto a intervenire. Hamas, che controlla la Striscia, ha detto più volte che non vuole una guerra con il potente vicino.
Ma ha anche dichiarato che non può né vuole fermare le persone che lanciano i giocattoli incendiari, spesso adolescenti e bambini (come ha ricordato il Capo di Stato Maggiore israeliano nella nota citata).
Un suo intervento in tal senso gli alienerebbe ii consenso degli abitanti di Gaza, che lo vedrebbero come un cedimento agli oppressori.
E però, fonti dell’esercito israeliano, rivela Yediot Ahronot, affermano che nel segreto Hamas si sta adoperando per fermare i lanciatori.
Momenti critici. L’esercito israeliano frena (vedi ancora la nota citata). Ma non è detto basti a evitare il peggio, ovvero il bagno di sangue.
Nella foto, il confine tra Israele e Siria