Iran: Trump straccia l'accordo. Vince il Terrore
Tempo di lettura: 3 minutiTrump straccia l’accordo sul nucleare stipulato con l’Iran, secondo copione. E immette nuova instabilità nel mondo.
La vittoria dei fondamentalisti e l’Iran
Pacta sunt servanda: nel corso della sua campagna elettorale Trump aveva tuonato contro l’intesa voluta da Obama non tanto per intima convinzione, ché non sapeva neanche cosa fosse, quanto per ottenere il sostegno di Netanyahu. Che è arrivato.
E oggi il premier israeliano incassa: lui il grande vincitore della giornata di ieri, insieme ai neocon americani, per i quali la revoca dell’accordo con l’Iran era ossessione.
Vince il Terrore: la nuova instabilità gli consegna preziosa linfa vitale. D’altronde il fondamentalismo neocon e quello del Terrore si alimentano a vicenda.
Un mostro a due teste che vive di caos. Non è un caso che tanti avversi all’accordo, in Israele come in America, abbiano affermato che l’Iran era un nemico peggiore dell’Isis.
L’Europa conserverà il trattato, come annunciato in precedenza: un proposito di difficile gestione, specie se inizieranno a esplodere bombe nel Vecchio Continente o in Medio oriente, ma almeno è forza frenante.
Una posizione annunciata anche dal presidente iraniano, il moderato Hassan Rouhani, che la mossa di Trump ha indebolito.
I suoi avversari interni, altro fondamentalismo di ritorno a riprova che tali estremi sono interconnessi, avranno buon gioco a incalzarlo per rompere con gli infedeli, ché in effetti gli Usa hanno mancato di fedeltà all’accordo.
Teheran delenda est
Si aprono diversi scenari, ma in realtà sono due e solo due. Da una parte c’è la possibilità di concordare un nuovo trattato. Questa la spinta dell’Europa.
Una prospettiva espressa anche da Trump nel suo discorso incendiario. Che viene avanzata anche da tanti in America.
Persino dalla rivista neocon Weekly Standard, in un articolo che riporta le aperture in tal senso del Segretario di Stato americano Mike Pompeo.
Da questo punto di vista, il fatto che ieri sera questi sia volato in Corea, dove l’amministrazione Trump sta cercando un accordo sul nucleare, non è affatto casuale.
Il problema è che le trattative con Kim Jong-sun hanno caratteristiche del tutto diverse da quelle che eventualmente sarebbero intraprese con Teheran, sempre che questa accetti di negoziare dopo la rottura di ieri.
Kim Jong-sun non ha fondamentalisti interni che remano contro. Né la cosiddetta minaccia coreana ha le caratteristiche della cosiddetta minaccia iraniana.
Alla Corea si contesta solo il programma atomico, alla seconda la sua influenza in Siria (e Libano) e la “colpa” di avere un programma missilistico.
Insomma un’eventuale nuova trattativa con Teheran avrebbe caratteristiche magmatiche ed esoteriche aliene al negoziato con Pyongyang.
Ma si tratta di un’eventualità ancora del tutto aleatoria. E con un percorso che, se intrapreso, sarà irto di ostacoli, ché molti tenterebbero di affossarla nuovamente.
E ciò perché chi ha fatto naufragare l’accordo, o almeno ha affossato l’adesione americana, lo ha fatto per uno scopo ben preciso: riportare l’Iran all’età della pietra.
Ciò con le sanzioni, che andranno a colpire un’economia già provata, favorendo un regime change autoritario che lo chiuda un’altra volta al mondo e con una guerra del tipo di quella irachena.
Una prospettiva, quest’ultima, che i neocon perseguono da decenni e che l’accordo di Obama aveva mandato in fumo. Da qui la loro avversione irriducibile all’ex presidente Usa e al trattato.
Tre variabili, quelle esposte, che si intrecciano e si rincorrono, ché la crisi economica può favorire l’ascesa del fondamentalismo e la conquista del potere da parte di quest’ultimo può meglio attirare un intervento occidentale.
Ma vedremo. Per fortuna sono tante le forze frenanti a questo processo disgregativo.
Conforta in tal senso registrare come i neocon siano bravi a vincere le battaglie (in questo caso contro il trattato) in forza del loro immane potere, ma meno nel vincere le guerre, come si è visto in Iraq e Siria. Vedremo.