16 Ottobre 2015

Antonello da Messina, San Benedetto

Antonello da Messina, San Benedetto
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A Milano sino a domenica 18 ottobre c’era un’opera a cui ero molto affezionato e che ora invece non c’è più. È un’opera di Antonello da Messina, un San Benedetto, che la Regione Lombardia acquistò nel 1996 e che faceva parte in origine di un Polittico smembrato del grande artista siciliano. Altre due parti del Polittico vennero invece acquistate qualche anno dopo dagli Uffizi. Sia Milano che Firenze non avevano opere di Antonello e quindi questa doppia acquisizione finiva con il colmare i buchi nelle raccolte pubbliche delle due città (un tempo questo era il criterio molto civile con cui si comperavano le opere: mettere a disposizione dei cittadini un panorama il più possibile completo di quella che è stata la storia dell’arte italiana. Seguendo questo criterio Milano nel 1952 prese ad esempio la Pietà Rondanini di Michelangelo).

 

Ora con decisione certamente strana, la Regione Lombardia ha deciso di privarsi del San Benedetto per permettere di ricomporre il polittico agli Uffizi. Operazione sensata se fosse stata paritaria, nel senso di un’alternanza. Ma tant’è: al leghista Maroni non deve aver fatto molto dispiacere liberarsi di un siciliano…

 

Il San Benedetto è la parte più bella e meglio conservata del Polittico, di cui tra l’altro si conservano a Palermo altri tre pezzi che nella sistemazione originaria stavano in alto.  È un vero capolavoro che esprime tutto il meglio di Antonello. Su un fondo oro, ricchissimo di motivi realizzati con la precisione di un incisore, si staglia la figura del santo, il cui volto sembra addirittura scolpito dentro il colore con cui è stato dipinto, tanta è la sua pienezza, tanta è la corposità del suo rivolgersi a noi.

 

Antonello è l’artista italiano che per primo aveva imparato le potenzialità della tecnica ad olio messa a punto dai grandi artisti del nord, olandesi in particolare. All’olio aveva “rubato” quella possibilità di rendere le cose secondo una precisione infinitesimale. Ma, essendo italiano, non ne restò prigioniero, non se ne lasciò soggiogare. Lo si può capire guardando il volto del San Benedetto, perfetto e impeccabile nella resa di ogni dettaglio (osservate in particolare gli occhi), ma poi così capace di essere presenza, volto che s’impone, pelle che traspira. È un capolavoro mediterraneo questo. Impeccabile e insieme umano. Perfetto ma sempre approcciabile.

 

 

È un peccato per me non poterlo più andare a trovare di tanto in tanto nelle raccolte del Castello, perché è uno di quei quadri che risanano lo sguardo e liberano la testa dalle inutili ansie. È uno di quei quadri che ti ricorda quale sia la fortuna di essere nati italiani…

Ed è un doppio peccato per me, perché questo San Benedetto è oltretutto il sosia di un mio grande amico (a dimostrazione di quanto quella di Antonello sia davvero pittura vivente…).

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