3 Ottobre 2014

Cimabue, san Francesco

Cimabue, san Francesco
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Che faccia e che aspetto aveva san Francesco? Tomaso da Celano nella sua Vita prima lo descrive nel dettaglio, così: «Di media statura, quasi piccolo, testa rotonda e proporzionata, volto un po’ ovale e proteso, fronte piana e piccola, occhi di media grandezza, neri e sereni, capelli scuri, sopracciglia diritte, naso proporzionato, sottile e rettilineo, orecchie dritte ma piccole, tempie piane, parola mite, ardente e penetrante (lingua placabilis, ignea et acuta), voce forte, dolce, chiara e sonora, denti ben allineati, regolari e bianchi, labbra sottili, barba nera e rada, collo sottile, spalle dritte, braccia deboli, mani scarne, dita lunghe, unghie allungate, gambe esili, pelle delicata, magrissimo, veste rozza, sonno brevissimo, mano generosissima».

 

 

La prima immagine nota del santo, quella conservata ancora a Subiaco dove Francesco era passato nel 1223, si discosta un po’ da questa descrizione. È un’immagine certamente molto antica, in cui non compaiono ancora le stigmate, elemento che diventa obbligatorio nell’iconografia del santo solo nei decenni successivi la sua morte (in merito ha scritto un bellissimo libro Chiara Frugoni).

Cimabue arrivò a dipingere Francesco una cinquantina d’anni dopo la sua morte: lo fece ai lati dell’affresco con la Madonna in Maestà, nella Basilica Inferiore di Assisi. Quindi arrivò senza averlo mai visto e già costretto dentro uno schema iconografico accuratamente predisposto da chi aveva preso le redini dell’Ordine Francescano. Eppure, quando ci si trova davanti al Francesco di Cimabue, si ha davvero la sensazione che Francesco dovesse avere quell’aspetto e quella faccia. È proprio l’intuitività sintetica dei geni quella che riesce a rendere le loro immagini così persuasive: pensiamo al Matteo di Caravaggio, al Gesù del tributo di Masaccio o alla Maddalena di Giotto. Chi dubita che non fossero davvero così?

 

Con il Francesco di Cimabue accade la stessa cosa. Lo vediamo piccolo, tutto d’un pezzo, con un sguardo secco e pungente. Se ne sta un po’ in disparte sulla destra del trono (sulla soglia, verrebbe da dire…) e ci guarda frontalmente. Ha i piedi ben piantati per terra, anche se accennano ad un movimento: Francesco è uno che non sta fermo. È un santo che arriva al punto, senza prosopopea, con quello sguardo tanto profondo, tanto umano, quanto libero da ogni patetismo.

Ma quest’immagine di Francesco è fedele al santo per un motivo più intrinseco che non una semplice e ipotetica somma di motivi somatici. Lo è perché è un’immagine che vive di un riflesso. Francesco si specchia nel volto di Cristo, e da questo deriva il proprio volto. Per questo non si mette al centro e se ne sta da parte, per questo guarda oltre sé, per questo è uno che non si ferma ma è in cammino. Cimabue ci restituisce tutto questo, con una semplicità e una rudezza che può sembrar brutale. Uno che non è lì per sé ma per un Altro. Credo che a “vedere” così Francesco, non si vada lontano dal vero…

 

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