2 Settembre 2015

Giotto, Dio Padre in trono

Giotto, Dio Padre in trono
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Alla mostra milanese dedicata a Giotto è presente una tavola proveniente originariamente dalla Cappella degli Scrovegni (oggi è custodita al Museo Civico) che rappresenta la figura di Dio Padre seduto sul trono. La tavola è meravigliosa per una sorta di imponenza del vero: la figura infatti ha una consistenza così reale da occupare “fisicamente” lo spazio del trono.

 

Non abbiamo davanti uno splendido simulacro, come avveniva nella grande cultura bizantina, ma una presenza tangibile, concreta.

Perché questo Dio Padre è dipinto su tavola, mentre tutta la cappella è dipinta, com’è ben noto, ad affresco? Perché se ne stava in cima all’arcone che divideva navata e presbiterio. A sinistra i due cardini fanno capire che si trattava di una porta a chiusura di un vano che effettivamente esiste e sulla cui funzione si sono fatte tante ipotesi: è possibile che da lì si facesse uscire una colomba ogni 25 marzo, giorno dell’Annunciazione (la cappella venne consacrata in questo giorno nel 1305).

 

L’ipotesi ha una sua credibilità perché è connessa con l’iconografia, molto rara, di Dio Padre. Egli con la mano destra sta facendo un gesto che non è la consueta benedizione, ma sembra come un invito: è il gesto che si fa quando si dà il via a qualcosa. Dio infatti si sta rivolgendo all’Arcangelo Gabriele, che si trova ai piedi del trono, ma affrescato sul muro. E l’invito è quello di recarsi da Maria per darle l’Annuncio («…L’angelo Gabriele fu inviato da Dio in una città della Galilea», scrive san Luca).

 

Non a caso, appena sotto, Giotto ha dipinto la celebre scena dell’Annunciazione, con Gabriele a sinistra dell’arcone e Maria sulla destra. Il Dio Padre che dà il “la” all’Arcangelo è quindi l’istante dell’inizio della storia. Di quel primo inizio, che poi, di inizio in inizio, è arrivato sino a noi.

 

È emozionante vedere questa tavola da vicino (ora, per ragioni di conservazione, al suo posto è stata messa una copia). Perché Giotto metabolizza a tal punto il senso di quel che sta narrando, da proiettare la pittura stessa in un nuovo inizio. Prima di lui nessuno aveva saputo rendere in modo così radicale la percezione visiva di un fatto tanto trascendente che però non sta sopra la storia, ma entra dentro la storia.

 

Il nuovo inizio prende corpo diventando spazio fisico, reale: i due laterali del trono, con il loro scorcio così incisivo e così preciso, “scavano” dentro la tavola uno spazio che non è più semplicemente illusorio. È spazio vero e credibile, com’è vero e credibile il Padre con quel suo volto così intensamente umano.

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