Pablo Picasso, La Danse Villageoise
Tempo di lettura: 2 minutiAlla mostra di Picasso ospitata in questi mesi a Palazzo Reale di Milano, più o meno a metà del percorso, ci si imbatte in questo quadro sorprendente, intitolato La Danse Villageoise e datato 1922. È sorprendente per una serie di motivi. Innanzitutto il soggetto è insolito per il grande artista spagnolo. Si vedono due ragazzi di paese che ballano, vestiti con un abito da festa: una scena di vita popolare, tutto sommato inedita per un artista dalla visione molto internazionale e “alta” come Picasso. Nonostante la sua fede politica Picasso infatti era pur sempre un temperamento aristocratico, con uno stile di vita che aveva poco a che vedere con quello di due paesani messi in posa. Eppure, è nella logica dei grandi essere capaci di queste asimmetrie e di mischiare le carte.
A parte la scelta insolita dei personaggi, c’è un altro aspetto che sorprende: Picasso non si limita ad un geniale sguardo alla superficie, com’era nella sua natura di artista “rapinatore”, ma questa volta va anche in profondità. Non si spiegherebbe altrimenti la dinamica psicologica che viene descritta nel quadro: lui e lei stanno abbracciati in un gesto che evidenzia tenerezza e solidità di sentimenti (bellissimo da questo punto di vista l’intreccio delle mani), senza concedersi nessuna effusione ulteriore. Anzi, i loro sguardi sono già puntati oltre quella loro situazione. In particolare quello di lui, colpisce per una venatura di malinconia, quasi di struggimento. Con gli occhi tondi e spalancati che sono come una “firma” per Picasso (li aveva mutuati dai grandi affreschi del romanico catalano), sta scrutando il suo futuro, come sospinto a intercettare i segni del proprio destino. C’è in lui tutta l’irrequietezza giovanile in cerca di una sponda di paternità, per poter diventare lui stesso padre.
Mi veniva in mente che un volto così potrebbe far da copertina a qualche libro di Péguy. Un pensiero rafforzato da un altro particolare: Picasso intorno alla testa del ragazzo ha dipinto un alone azzurro che sembra casualmente un’aureola. Come avrebbe detto Péguy, questo potrebbe essere uno «di quegli operai del turno in cui si lavora bene».