15 Febbraio 2021

Paolo Veronese, Le nozze di Cana

di Giuseppe Frangi
Paolo Veronese, Le nozze di Cana
Tempo di lettura: 2 minuti

È un quadro iperbolico in tutto, questo telero di Paolo Veronese: enorme nelle dimensioni, esagerato nella fastosità con la quale viene re-immaginato l’episodio delle Nozze di Cana. Oggi è conservato al Louvre, dove l’ha portato Napoleone, sottraendolo al refettorio di San Giorgio a Venezia.

Si può pensare che Veronese abbia agito un po’ troppo arbitrariamente, trasferendo la scena dalla Palestina alla città lagunare. Si può pensare che abbia quasi lasciato in secondo piano il “fatto” che ha reso questo pranzo meritorio di essere ricordato e rappresentato, alzando il volume, una festa molto veneziana, con quelle architetture palladiane, quelle tavole imbandite all’eccesso, la musica, il lusso, gli abiti fastosi e cosmopoliti, com’era cosmopolita la Venezia di pieno ‘500.

Eppure, attraverso questa sua esagerazione, Veronese sottolinea un aspetto di quel pranzo di nozze che credo sia sostanziale. Gesù sembra prendere l’iniziativa un po’ controvoglia, quasi obbligato, dopo che Maria lo ha praticamente chiamato in causa e costretto a risolvere la questione.

Il problema non è di quelli drammatici, dove ci sono in gioco questioni sensibili come la vita o la stato di salute di una persona. È un problema che forse non meriterebbe un “miracolo”: vien da dire che le persone che partecipano a queste nozze hanno già tutto, non possono chiedere altro, a parte il vino che è venuto a mancare.

In secondo luogo, come documenta con precisione Giovanni, Gesù fece riempire ben sei giare di acqua, in tutto quasi 600 litri. Dunque vino in grande quantità, e anche molto buono, per le persone invitate alle nozze.

Gesù fin da questo primo miracolo va oltre la misura e oltre ogni attesa, come sarebbe accaduto più avanti anche con la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il centuplo non è né un vago sentimento, né un auspicio, ma è una storia concreta che accade, anche nell’aspetto banale del vino che scorre in abbondanza sulla tavola.

Per questo Veronese, che sembra in apparenza essere un po’ svagato e prendersi troppe libertà, in realtà si lascia trasportare da questa generosità di Gesù; quindi non fa calcoli e decide che quel suo miracolo merita davvero un quadro che sia una grande festa (di seguito, un particolare).

Paolo Veronese, Le nozze di Cana

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