Tiziano, Gesù e Simone di Cirene
Si chiamava Simone e veniva dalla lontana Cirene. Era un immigrato, un contadino, e quella sera, mentre stava tornando dai campi, ha incrociato per caso il corteo dei tre condannati alla crocifissione sul Golgota.
I soldati lo avevano fermato e costretto ad aiutare Gesù, ferito e debilitato dalle torture subite, a portare la croce. Avrebbe preferito proseguire verso casa, ma a un comando del genere era meglio obbedire. Mai Simone poteva immaginare che quell’ordine perentorio sarebbe stato una porta spalancata alla Grazia.
I tre vangeli sinottici raccontano l’episodio. Marco aggiunge un elemento in più: ci dice che Simone era padre di Alessandro e Rufo, evidentemente due persone famigliari alla piccola comunità romana da cui Marco veniva. Rufo probabilmente è la stessa persona a cui Paolo manda i saluti nella Lettera a i Romani «Salutate Rufo, questo eletto nel Signore, e la madre sua che è anche mia».
Cos’è accaduto in quel breve percorso verso il Golgota? Un meraviglioso quadro di Tiziano, conservato al Prado, dipinto intorno al 1560, ci aiuta a penetrare quegli istanti.
Per farlo Tiziano ha silenziato tutto il contesto. Ha stretto l’obiettivo sui due soggetti in causa: Cristo e Simone. E ha immaginato l’istante in cui Gesù, piegato dal peso della croce e con la mano appoggiata su un sasso per la fatica, voltandosi, incrocia lo sguardo di Simone che si appresta ad aiutarlo.
È il momento in cui accade l’incontro che segna la vita di Simone e dà un senso imprevisto a quel gesto. Tiziano è geniale nel consegnarci un’immagine ricondotta all’essenzialità dell’istante: è come se ci mettesse nei panni di Simone, che in quel frangente non s’accorge più di tutto il drammatico trambusto che lo circonda.
Per lui, in quell’istante, esiste solo lo sguardo di quell’uomo che si è posato su di lui. Uno sguardo che stabilisce una concordanza misteriosa: lo sta accompagnando a morire, eppure in quel momento è pervaso da una speranza mai sperimentata prima.