Gli amici israeliani di Chuck Hagel
Tempo di lettura: 3 minutiUno come Chuck Hagel il presidente Obama avrebbe voluto averlo al suo fianco anche durante il primo mandato alla Casa Bianca. Questa settimana le lunghe audizioni per la nomina del nuovo segretario alla Difesa dovrebbero concludersi, e le quotazioni di Hagel sono altissime. Anche perché il principale ostacolo alla nomina del senatore – la pesante accusa di antisemitismo – sembra ormai aver perso di credibilità. E questo, in buona parte, grazie all’intervento di personalità di rilievo dell’ebraismo americano e della politica israeliana.
Un passo indietro, anno 2005. Barack Obama è stato eletto da poco senatore, mentre il Congresso americano fa i conti con i costi crescenti della guerra in Iraq. Il giovane parlamentare di Chicago chiede subito di entrare nella commissione affari esteri, anche per opporsi attivamente all’intervento. Ma – come ha ricordato domenica un lungo articolo della rivista Newsweek – «Obama all’epoca non poteva vantare nessuna esperienza militare, nessuna base di tipo personale pe esprimere giudizi sulla pace e sulla guerra». Hagel è un veterano del Vietnam, un senatore che sa rivolgersi ai soldati da commilitone. E Obama lo va a cercare.
Nel 2008, quando prepara la sua prima campagna elettorale, il futuro presidente sceglie Hagel, un repubblicano, come guida per i suoi viaggi in Iraq, Afghanistan e in tutto il Medio Oriente. I due sono d’accordo sulla necessità di chiudere in fretta il capitolo delle guerre di Bush. Vogliono evitare che sul nucleare iraniano possa innescarsi un altro conflitto. La loro visione della politica estera è «sincronizzata», come ha detto giorni fa Jay Carney, portavoce della Casa Bianca. Anche se su molte scelte, le più “clintoniane” della presidenza Obama, Hagel non condivide il comportamento della Casa Bianca: non gli piace l’idea del generale Stanley McChrystal di inondare l’Afghanistan di nuove truppe, non gli piace l’ipotesi di bombardare la Libia. Che Obama ora voglia affidarsi a lui è un segnale chiaro sulle aspirazioni del presidente per i prossimi quattro anni.
Se non che, appena dopo l’annuncio della candidatura di Hagel per il Pentagono, su di lui si è concentrato un massiccio fuoco di sbarramento da parte repubblicana (cioè dai suoi stessi colleghi di partito). L’accusa principale? Hagel è antisemita, troppo duro nei confronti di Israele. La polemica si è concentrata su una frase pronunciata dal senatore nel 2006 sulla «lobby ebraica» («è molto influente qui. Mi sono sempre opposto ad alcune delle cose che fanno, non credo che quello sia il vero interesse di Israele»). Lobby «ebraica» e non israeliana, da cui l’accusa di antisemitismo. Ma il problema è politico, più che lessicale. Nello stesso anno Hagel si opponeva all’invasione israeliana del Libano, rifiutava di firmare la richiesta all’Unione europea di inserire Hezbollah in un elenco di organizzazioni “terroristiche”, proponeva di aprire un dialogo con Hamas.
Allora Hagel è anti-israeliano, o anti-sionista? «La risposta breve è no. Anche la risposta lunga è no – ironizzava la scorsa settimana Jeffrey Goldberg, autorevole firma del giornalismo americano, di origini ebraiche –. Le sue idee sono condivise da molti politici del centro-sinistra israeliano e da alcuni ex capi militari». Quelli che se la prendono con Hagel – si legge in un commento comparso domenica sul quotidiano Haaretz – «spesso non vivono in Israele e non capiscono i nostri problemi. Pensano erroneamente che finanziare la campagna elettorale di un deputato americano che voterà a favore di Iron Dome (lo scudo missilistico israeliano, armato in parte dagli Stati Uniti) sia uguale a vivere in una comunità israeliana colpita dai missili». Meglio cercare la pace, ed evitare che quei missili vengano sparati.
Negli ultimi giorni, poi, alle ragioni ideali si sono aggiunte quelle di realismo politico. L’opposizione alla nomina di Hagel, in America, si sta facendo sempre più flebile. In un’intervista di domenica mattina, ad esempio, anche un peso massimo come l’ex segretario di stato Colin Powell (che con Hagel si era scontrato ai tempi della guerra in Iraq) è intervenuto a sostegno della scelta di Obama. In parallelo anche alcuni esponenti della destra israeliana, tra cui il vicepremier Danny Ayalon, sono intervenuti per spiegare che il prossimo segretario alla Difesa «crede fortemente nel rapporto tra Stati Uniti e Israele».
La strada verso il Pentagono pare spianata. E per Obama potrebbe essere un po’ più facile mantenere la linea impostata già in occasione dell’operazione Colonna di nube contro la Striscia di Gaza: quella secondo cui il più grande gesto di amicizia nei confronti di israeliani e palestinesi è tentare di favorire la pace nei Luoghi Santi.