Il margin debt e le crisi economiche passate (e futura?)
Molti di voi non avranno mai sentito parlare del Margin Debt. È un dato pubblicato dal Nyse, la Borsa newyorkese, che indica la quantità di denaro preso a prestito
per acquistare titoli azionari, prendendo come garanzia gli stessi titoli acquistati. Un dato in crescita indica una tendenza all’acquisto dei titoli azionari, normalmente coincidente con una salita dei prezzi e quindi degli indici azionari. Al contrario un dato in discesa indica una tendenza alla vendita dei titoli azionari e quindi un calo dei prezzi e degli stessi indici azionari
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Bene, per il terzo mese di fila il dato del Margin Debt è stato in ribasso, come annunciato dalla Reuters del 19 ottobre scorso. Di per sé è un semplice dato statistico, ma ripercorrendo il recente passato può essere visto sotto altra ottica.
Negli ultimi anni, infatti, i periodi in cui tale indice è risultato in calo, tale ribasso è durato al massimo uno o due mesi, per poi rimbalzare subito dopo. Solo alcune volte è durato più di due mesi, ovvero
: maggio-settembre 2002, in coincidenza con lo scoppio della grande bolla globale che ha cancellato, o almeno ridimensionato, le illusioni della new economy; ottobre 2008 – febbraio 2009, in occasione della cosiddetta crisi dei subprime della quale fu simbolo il crollo della Lehman Brothers; giugno-ottobre 2011, quando la crisi si riversò in Europa provocando venti di tempesta, in particolare sui cosiddetti Pigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).
Che il dato possa essere un segnale anticipatore di possibile criticità lo indica anche la stretta correlazione tra Margin Debt e indice S&P 500, il principale indice azionario mondiale (come dimostra il grafico che abbiamo riportato nella foto)
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Così se è vero che la storia non si ripete mai uguale a se stessa e che i fattori economici globali sono diversi dagli anni passati, resta che tali precedenti non lasciano del tutto tranquilli, nonostante le varie rassicurazioni provenienti da tante e autorevoli voci internazionali che narrano di un mondo in sostanziale stabilità economica – seppur preda a una oscura stagnazione -, con qualche lieve segnale di crescita. Ovviamente anche chi ha in mano le leve delle politiche economico-finanziarie del mondo è a conoscenza di tale dato e avrà fatto i propri calcoli e agirà di conseguenza. Almeno è quel che si spera.