Usa 2016, la vittoria della Clinton è davvero scontata?
Una strana campagna elettorale, quella in cui molti candidati democratici trattano il presidente degli Stati Uniti in carica, il democratico Barack Obama, quasi fosse un appestato. Al contrario, le agende dei coniugi Clinton – Bill e Hillary – nelle ultime settimane erano inzeppate di eventi elettorali. Da un lato un presidente già anatra zoppa, dall’altro la “predestinata” per la Casa Bianca, nelle previsioni di gran parte degli analisti.
I risultati del voto, però, hanno riservato qualche sorpresa. I democratici sono andati male un po’ ovunque. Ma – e questa è la notizia – neppure i “pupilli” dei Clinton sono scampati alla sconfitta. Anzi: a guardare i numeri complessivi – pubblicati oggi dal magazine Politico – dei candidati che hanno ottenuto l’endorsement di almeno uno dei Clinton 34 hanno perso, contro 24 che hanno vinto.
Non è solo questione di numeri: Hillary e Bill si erano spesi in alcune delle corse più decisive dell’intera campagna elettorale, quelle in cui lo scarto tra democratici e repubblicani era minimo e serviva uno scatto per superare l’avversario. Missione fallita in quasi tutti i casi. Al Senato gli è andata male in Stati chiave come la North Carolina, la Georgia, l’Iowa, il Kentucky, il Colorado. Persino l’Arkansas, dov’è nato e cresciuto l’ex presidente Clinton.
Ma una partita è forse più simbolica delle altre: quella per la guida della Florida, elezione che si è svolta in parallelo a quella per il rinnovo del Parlamento. In uno Stato tradizionalmente “oscillante”, rovesciare il governatore repubblicano uscente Rick Scott sembrava un obiettivo realistico. Hillary Clinton ha aiutato lo sfidante democratico Charlie Crist a racimolare un milione di dollari per la sua campagna elettorale. L’ultimo giorno prima del voto, sul palco con Crist c’era Bill Clinton. Non è servito. Contro ogni aspettativa, Scott è stato riconfermato con un discreto margine sull’avversario.
Tra i leader repubblicani il più attivo nella campagna elettorale in Florida è stato Jeb Bush, governatore di quello Stato per otto anni. Le cronache locali parlano di un suo impegno massiccio sul territorio. Guarda caso, il giovane dei Bush è considerato un possibile sfidante per Hillary alle presidenziali del 2016. Insomma, i Clinton hanno cercato la prova di forza nella tana del lupo, e hanno perso.
In casa repubblicana il voto di ieri restituisce un quadro frammentato. La destra del partito non ha dilagato, ma ha avuto un ruolo di un certo rilievo. Per tenere insieme le diverse anime del Grand Old Party ci vorrà un “federatore”, capace di amalgamare l’establishment del partito e le frange più aggressive della destra, dal mondo neo-con ai Tea Party. Se quello di ieri era un test, Jeb Bush ha segnato un punto a suo favore.